Mese: Febbraio 2021
Decreto Delegato 27 gennaio 2021 nr 7 – Disposizioni transitorie per la presentazione del bilancio degli operatori economici
9 Febbraio 2021
Si allega il testo completo del Decreto Delegato 27 gennaio 2021 nr 7 nel quale vengono stabilite alcune norme transitorie per l’anno 2021 relativamente alla presentazione dei bilanci.
La nota integrativa può essere ancora redatta in formato PDF o PDF/A.
Le persone giuridiche diverse dalle società sono esentate dalla redazione del bilancio in formato elettronico XBRL anche per il bilancio 2020.
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Decreto Legge 26 gennaio 2021 nr 6 – Interventi straordinari in ambito economico a supporto dell’emergenza economica causata da COVID-19
9 Febbraio 2021
Si allega il testo completo del Decreto Legge 26 gennaio 2021 nr 6 a ratifica del precedente D.L. 31/12/2020 nr 224 già illustrato nella precedente newsletter. Si ricordano nuovamente i punti salienti:
- CIG 2021(Capo I): contiene la nuova disciplina della Cassa Integrazione Guadagni in vigore dal 1 febbraio 2021;
- OPERATORI IN STATO DI CRISI (Capo II): introduce alcuni interventi speciali per l’anno 2021 rivolti ad operatori in stato di crisi presentando una apposita istanza entro il 20 gennaio 2021: :
- L’articolo 13 prolunga al 30 giugno 2021 l’attuale sospensione delle procedure per l’assunzione nominativa di personale non iscritto alle liste di avviamento al lavoro, con esclusione nei riguardi di amministratori e soci di società, personale stagionale già assunto in anni precedenti, eventuale distacco e/o trasferimento di dipendenti all’interno di società del gruppo.
- L’articolo 14 consente ai lavoratori autonomi, che avevano nel 2019 un reddito pari o inferiore al reddito minimoe che nel 2020 hanno subito una contrazione del fatturato al 31 dicembre 2020 pari o superiore al 60% rispetto la media degli esercizi 2018 e 2019, un’abbattimento del 60% del reddito minimo per il 2021.
- L’articolo 15 prevede una norma speciale per l’assunzione di CO.PRO: gli operatori economici che nel corso del 2020 abbiano avviato i licenziamenti collettivi, o che lo faranno nel 2021, potranno procedere all’avvio di nuovi CO.CO.PRO oppure il rinnovo degli esistenti previa autorizzazione dalla Commissione per il Lavoro.
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Decreto-Legge 29 gennaio 2021 nr 15 – Proroga e modifica delle disposizioni per il contrasto alla diffusione dell’epidemia da COVID-19
9 Febbraio 2021
Si allega testo completo del Decreto Legge 29 gennaio 2021 nr 15 evidenziando i punti di seguito elencati:
Le misure restrittive (art. 1) già in vigore precedentemente continuano ad essere applicate fino alle ore 23:59 del 12 febbraio p.v. (chiusura alle 18 di bar e ristoranti, coprifuoco alle ore 22, ecc).
– Benefici art. 73 L. n.166/2013 e DD n. 72/2018 (artt. 2 e 3)
Le società di capitali che hanno richiesto l’accesso ai benefici di cui all’articolo 73 della L. n.166/2013 ma che non hanno soddisfatto o mantenuto i requisiti occupazionali nel 2021, conservano i benefici a condizione che provvedano a soddisfare tali vincoli entro il 31 dicembre 2021. Inoltre, fino al 31 dicembre 2021 il mancato soddisfacimento del requisito occupazionale non non comporta la decadenza dei benefici acquisiti in relazione al credito agevolato concesso all’impresa.
– Ingresso a San Marino (art. 4)
L’ingresso in Repubblica, per coloro che provengano da paesi diversi da Italia e Città del Vaticano, o che abbiano soggiornato al di fuori di questi due paesi nei 14 giorni precedenti, è consentito a fronte della presentazione:
a) di apposito certificato di avvenuta vaccinazione anti-SARS-CoV-2;
b) di apposito certificato che attesti la negatività al coronavirus.
I cittadini, i residenti e i soggiornanti in territorio che tornano da tali Paesi hanno l’obbligo di contattare prima del loro rientro il Centro Unico Prenotazioni dell’ISS, al fine di sottoporsi a tampone molecolare o antigenico entro le 48 ore.
– CIG ed assunzioni (art. 5)
Fino al 31 dicembre 2021, in deroga al comma 2 lettera c) dell’articolo 16 della Legge 29 settembre 2005 n.131, è consentito il contratto di lavoro a tempo determinato anche qualora l’operatore economico, nel mese precedente l’assunzione, abbia fatto ricorso alla CIG, ferme restando le disposizioni di cui all’articolo 6 del Decreto – Legge 26 gennaio 2021 n.6.
– Attività sportiva (art. 6)
È consentita, nelle strutture pubbliche, ai minori di 14 anni la pratica di attività sportiva extrascolastica svolta sia all’aperto, sia in strutture al chiuso, ad esclusione degli sport di contatto. Gli impianti sportivi al chiuso e all’aperto, le piscine, le palestre e le scuole di danza e similari hanno l’obbligo di chiusura entro le ore 21:30.
– Astensione anticipata (art.7)
L’astensione anticipata dal lavoro per le lavoratrici gestanti non può protrarsi oltre l’ottavo mese di gravidanza.
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Circolare Ufficio Tributario del 26 gennaio 2021 -Disposizioni applicative per la rideterminazione dei valori di acquisto di partecipazioni e strumenti finanziari.
9 Febbraio 2021
Si allega Circolare dell’Ufficio Tributario del 26 gennaio 2021 contenente le disposizioni applicative per la rideterminazione dei valori di acquisto di partecipazioni e strumenti finanziari. Nel caso si effettui la rivalutazione si ricorda che entro il 30/04/2021 scade il termine per il pagamento dell’imposta sostitutiva del 2%.
Lettera Circolare_art_75_L 223-2020
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Accertamento da transfer pricing fondato sul divario dal valore normale
9 Febbraio 2021
Il Sole 24 Ore 13 gennaio 2021 di Laura Ambrosi e Antonio Iorio
CASSAZIONE
Non bastano per la rettifica l’antieconomicità o il risparmio d’imposta
Il contribuente è poi tenuto a dimostrare la normalità delle condizioni concordate
Nel trasfer pricing l’antieconomicità o il risparmio di imposta non sono elementi sufficienti per fondare l’accertamento: occorre infatti che l’ufficio provi lo scostamento del prezzo rispetto al valore normale.
Il contribuente è poi tenuto a dimostrare la “normalità” delle condizioni economiche concordate.
Ad affermarlo è la Corte di cassazione con l’ordinanza 230/2021 depositata ieri 12 gennaio.
La vicenda trae origine dalla contestazione dell’Agenzia di alcuni costi di marketing, partecipazione a fiere estere, promozione aziendale e pubblicità sostenuti e dedotti da una società controllante anche nell’interesse delle partecipate estere.
L’Agenzia, contestando la violazione dei prezzi di trasferimento, recuperava tali costi nel presupposto che fossero privi di una valida giustificazione economica e avessero in concreto consentito un cospicuo risparmio di imposta.
Infatti, poiché anche le società estere avevano beneficiato dei servizi acquistati dalla controllante nazionale, avrebbero dovuto partecipare al relativo costo.
La società impugnava il provvedimento ed entrambi i giudizi di merito confermavano l’illegittimità della pretesa.
L’ufficio ricorreva così in Cassazione lamentando, sul punto, un’errata applicazione della norma.
I giudici di legittimità hanno innanzitutto ricordato che la contestazione del transfer pricing introduce una presunzione secondo la quale i componenti di reddito con società estere controllate da un ente residente sono valutati in base al valore normale.
La definizione di valore normale (articolo 9 del Tuir) va individuata nel prezzo praticato per analoghi beni o servizi, in regime di libera concorrenza e nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti.
In proposito, la Cassazione ha precisato che in caso di operazioni infragruppo, l’Ufficio deve provare l’esistenza dell’operazione stessa, della pattuizione di un corrispettivo inferiore e lo scostamento di tale valore rispetto ai normali prezzi di mercato.
In tale contesto, non è necessario che l’Amministrazione finanziaria fornisca la prova che l’operazione sia priva di una valida giustificazione o abbia comportato un risparmio di imposta. Si tratta, infatti, di presupposti della diversa fattispecie dell’abuso del diritto.
La Suprema corte ha così concluso che in mancanza della prova a carico dell’ufficio dello scostamento del prezzo rispetto alla “normalità” non ci sono i presupposti per la contestazione di trasfer pricing.
La decisione è interessante poiché riguarda una situazione che si verifica di frequente.
Di prassi gli uffici contestano i prezzi infragruppo (in realtà anche relativi a società interamente nazionali) nell’unico presupposto che si tratti di operazioni asseritamente antieconomiche ovvero alla presunta esistenza di un risparmio indebito di imposte.
Secondo il principio affermato dalla Cassazione, il provvedimento così motivato è illegittimo poiché ai fini della sua validità, l’ufficio deve provare lo scostamento del prezzo applicato dalla contribuente rispetto al valore normale.
Esemplificando, è verosimile ritenere che una prova in tal senso potrebbe essere l’indicazione nel provvedimento dei prezzi di analoghi prodotti/servizi desunti da listini prezzo, ricerche sul web, eccetera.
Dinanzi a tali prove, il contribuente è poi tenuto a dimostrare che il corrispettivo convenuto corrisponda ai normali valori economici attribuiti dal mercato. Ove invece, manchi il corrispettivo specifico, occorre dimostrare che i servizi/beni di cui le società estere hanno usufruito è stato remunerato attraverso altri accordi (ad es. maggiorazione del prezzo del bene finito.
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Chi posta sui social commenti offensivi rischia la diffamazione aggravata
9 Febbraio 2021
Il Sole 24 Ore lunedì 11 gennaio 2021 – Giustizia e Sentenze
DIRITTO E WEB
Carcere fino a tre anni o multa: il punto sui confini della rilevanza penale
Si configura anche il reato di sostituzione di persona se si usa un falso profilo
Attenzione a lasciarsi coinvolgere in battibecchi sui social perché lanciare in rete post offensivi può costare una condanna per diffamazione aggravata dall’uso del mezzo di pubblicità.
Il reato è quello previsto dall’articolo 595, comma 3, del Codice penale che punisce (con la reclusione da sei mesi a tre anni o con la multa minima di 516 euro) chi offenda l’altrui reputazione comunicando con un mezzo di pubblicità. Per i giudici, infatti, anche un messaggio postato a un gruppo limitato di amici ha potenzialmente la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone.
Così, uno sfogo rischia di sconfinare in crimine se – per tenore letterale o contenuto – sfori i limiti del rispetto delle persone coinvolte.
A stabilire i confini tra commenti solo inopportuni e le fattispecie di reato è la giurisprudenza.
Le pronunce
Scatta la diffamazione aggravata, ad esempio, per chi con un post visibile a tutti i suoi contatti offenda l’ex accusandolo di non contribuire al mantenimento dei figli (Tribunale di Torino, 299/2020).
Stessa sorte per la moglie separata che in bacheca, considerata luogo aperto al pubblico poiché fruibile dagli iscritti al social, insulti il marito qualificandolo come «un miserabile» bisognoso di cure psichiatriche (Corte d’appello di Cagliari, 257/2020) o per chi, nella spasmodica ricerca di «giustizia nel placet di un esercito virtuale di utenti», denigri una professoressa sul piano familiare, privato e lavorativo (Tribunale di Ascoli Piceno, 90/2020).
Condannato anche chi – riferendosi alla vicenda di un operaio di uno stabilimento siderurgico tragicamente morto sul lavoro – pubblichi sul suo profilo pesanti offese a un sindacalista definendolo «viscido e senza spina dorsale» (Tribunale di Taranto, 123/2020).
Diffamatorio, inoltre, il commento che marchi un giornalista come uno «pseudo giornalaio (…) pagato per blaterare» per infangarne la reputazione e offuscarne il patrimonio intellettuale, politico, religioso, sociale e ideologico (Tribunale di Campobasso, 43/2020).
Il reato si configura se le espressioni adoperate sono tali da gettare una luce oggettivamente negativa sulla vittima. Sfuggirà a responsabilità penale, pertanto, chi – interagendo sulla piattaforma di Youtube – auguri a un dottore che aveva rilasciato un’intervista critica sull’omosessualità che le figlie siano lesbiche e sposino dei gay, eventualità che nella realtà non riveste un connotato spregievole (Cassazione, 17944/2020).
Del resto, il bene protetto è l’onore “sociale”, ossia la reputazione di qualcuno in un certo gruppo e in un particolare contesto storico.
Prova e risarcimento
Per inchiodare il colpevole di un post offensivo e dimostrarne la paternità, puntualizza la Corte di Cassazione con sentenza 9105/2020, è superfluo ricorrere alla macchinosa procedura della rogatoria internazionale nella sede americana di Facebook se l’imputato non solo ha firmato e diffuso lo scritto su siti di libero accesso ma – diffidato dalla persona offesa – ha provveduto a rimuoverlo.
La persona diffamata può quindi costituirsi parte civile nel processo penale o rivolgersi direttamente al giudice civile per ottenere il risarcimento del danno morale da calcolare in via equitativa (Tribunale di Vicenza, 1673/2020).
Falso profilo
Una fattispecie diversa si configura se si “ruba” l’immagine di una persona per creare una falsa identità digitale associata a un nickname di fantasia e da lì si fanno partire delle offese. È infatti configurabile il reato di sostituzione di persona, insieme con la diffamazione aggravata a mezzo stampa qualora con l’acquisizione degli screenshot si appuri che le offese siano state divulgate con post visibili agli “amici” del profilo e non con l’invio di messaggi in privato (Cassazione, 22049/2020).
Per scovare l’autore dei contenuti infamanti occorre individuare con gli indirizzi IP (Internet Protocol address) il numero del datagramma che identifica univocamente un dispositivo (host).
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Dichiarazione fraudolenta anche senza avere benefici
9 Febbraio 2021
Il Sole 24 Ore 21 gennaio 2021 di Antonio Iorio
CASSAZIONE
Coinvolto il responsabile amministrativo con delega a firmare le dichiarazioni
Anche il responsabile amministrativo della società risponde del reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di false fatture se ha la delega alla sottoscrizione delle dichiarazioni. A nulla rileva che non sia socio dell’impresa e che quindi non abbia tratto beneficio diretto dall’evasione in quanto il suo coinvolgimento può essere provato anche sotto altri profili. A fornire questa rigorosa interpretazione è la Corte di Cassazione con la sentenza 2270 depositata ieri.
Nei confronti del direttore amministrativo di una società che aveva sottoscritto la dichiarazione dell’impresa veniva effettuato un sequestro preventivo in considerazione di un ipotizzato reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di false fatture. La misura cautelare veniva confermata dal competente tribunale del riesame. L’interessato ricorreva per cassazione, evidenziando, in estrema sintesi, che era direttore amministrativo, anche se dotato di poteri di firma delle dichiarazioni fiscali. In sostanza era un semplice dipendente della società, senza poteri di rappresentanza che non aveva tratto alcun beneficio dalla violazione contestata.
In ogni caso non vi era prova che avesse presentato le dichiarazioni fiscali oggetto di contestazione: nella società si erano avvicendati vari amministratori che avrebbero potuto procedere a tale adempimento. Infine veniva rilevato che si era anche insinuato nel fallimento della società per retribuzioni non ricevute
La Corte di cassazione ha respinto il ricorso confermando la misura cautelare.
Secondo i giudici di legittimità l’interessato non aveva considerato che il tribunale del riesame aveva in realtà valutato anche altre circostanze.
Innanzitutto egli in ambito societario impartiva le direttive ai fini della registrazione e del pagamento delle fatture, inoltre era presente ad incontri nei quali uno dei partecipanti ammetteva che i lavori pagati non corrispondevano a quelli eseguiti e veniva indicato da un testimone quale responsabile della falsità in sede di approvazione dei bilanci
La cassazione ha così ritenuto irrilevante la circostanza lamentata dall’interessato che non vi fosse prova dell’apposizione della firma dell’indagato sulle dichiarazioni fiscali in quanto non presenti in atti
La pronuncia della Suprema corte, che evidentemente attiene una misura cautelare e quindi non è un’affermazione della colpevolezza dell’indagato, tuttavia deve far riflettere sulla circostanza, spesso non ben ponderata, che in prima battuta nei reati dichiarativi la responsabilità dell’illecito penale ricade su colui che ha sottoscritto la dichiarazione.
Nella specie dalla lettura della sentenza sembra emergere che l’interessato avesse effettivamente la delega per tale atto ancorché poi si sia difeso rilevando che l’accusa non avesse allegato tali dichiarazioni ponendo così in dubbio verosimilmente anche la stessa sottoscrizione.
Secondo l’orientamento della Suprema corte colui che sottoscrive la dichiarazione è in prima battuta il responsabile del reato, in quanto si presume la consapevolezza di quanto dichiarato, tanto più se da altri elementi (dichiarazioni testimoniali di terzi e sua partecipazione a riunioni) era confermata la sua consapevolezza.
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Utili esteri, per il Fisco vale l’anno di maturazione
9 Febbraio 2021
Il Sole 24 Ore 13 gennaio 2021 di Alessandro Germani
PAESI WHITE LIST
Dal 2018 i dividendi ordinari sono tassati a titolo d’imposta al 26%
Alessandro Germani
In caso di utili distribuiti da una società estera, occorre verificare se nel periodo di formazione dell’utile la stessa si qualifichi residente in uno Stato a fiscalità ordinaria o meno, secondo le regole vigenti nelle rispettive annualità di imposta.
La società, residente in Svizzera, ha versato le imposte sui redditi, sia a livello federale che a livello cantonale e comunale, nella misura ordinaria, senza beneficiare di alcun regime speciale.
A seguito di una scissione a favore di una società Alfa il socio persona fisica riceve degli utili, prodotti fra il 2012 e il 2019 e vuole conoscerne la tassazione, ovvero se debbono intendersi provenienti da paesi a fiscalità privilegiata o a tassazione ordinaria.
Per gli utili di fonte estera, l’articolo 47 del Tuir stabilisce un regime fiscale differente a seconda che la società emittente sia residente in un paese a fiscalità privilegiata oppure ordinaria. Nel primo caso l’utile concorre integralmente alla formazione del reddito imponibile del socio residente, a meno che non sia stato già imputato al socio per trasparenza concorrendo a formare il reddito.
La ritenuta alla fonte sarà a titolo d’acconto (salvo per la partecipazione quotata) e verrà poi indicata dal contribuente nel quadro RL del Modello Redditi PF. Gli utili derivanti da paesi a fiscalità ordinaria fino al 2017 erano assoggettati parzialmente a tassazione, mentre dal 2018 sia per le partecipazioni qualificate sia per le non qualificate è prevista la tassazione a titolo d’imposta con aliquota del 26per cento.
Ciò vale anche per gli utili di fonte estera derivanti da soggetti residenti in Paesi che non sono considerati a regime fiscale privilegiato. Per tali utili occorre individuare dunque la provenienza, considerato che la norma sui paesi a fiscalità privilegiata si è modificata più volte (attualmente articolo 47-bis comma 1 del Tuir a seguito del recepimento della direttiva Atad). In più la legge di bilancio 2018 ha stabilito che non si considerano provenienti da un paradiso fiscale i dividendi distribuiti da una società a fiscalità privilegiata che corrispondono a utili “formati” in annualità in cui la società estera era considerata a fiscalità ordinaria, secondo le regole vigenti nel medesimo periodo di “formazione” dell’utile. Il contribuente dovrà dunque verificare se nel periodo di “formazione” dell’utile, ovvero dal 2012 al 2019, la società si qualifica residente in uno Stato a fiscalità ordinaria secondo le regole vigenti nelle rispettive annualità di imposta, nel quale caso gli utili sono assoggettati a ritenuta d’imposta. Ad esempio, per il triennio 2016-2018 si deve verificare che il livello nominale di tassazione della Svizzera non fosse inferiore al 50% di quello italiano. Idem per il 2019 va effettuato lo stesso check sulle aliquote nominali, unitamente alla verifica del requisito del controllo (articolo 2359 del Codice civile), a in base all’articolo 167 comma 2 del Tuir. Per tutti e sette gli anni la Svizzera non è a fiscalità privilegiata.
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Vendite online, anche la piattaforma risponde per la violazione dei marchi
9 Febbraio 2021
Il Sole 24 Ore lunedì 18 gennaio 2021 di Gianluca De Cristofaro
PROPRIETÀ INTELLETTUALE
Il gestore del marketplace è responsabile degli illeciti commessi da terzi
Secondo i giudici di Milano ha un ruolo attivo: si occupa di clienti e promozioni
Il Tribunale di Milano riconosce la responsabilità per contraffazione di marchio di un noto marketplace considerandolo hosting provider attivo, con riferimento alle vendite effettuate da terzi sulla propria piattaforma. Una decisione importante che si inserisce in un quadro giurisprudenziale ancora oscillante e che sembra andare nella direzione di escludere il regime di esenzione dalla responsabilità prevista dal Dlgs 70/2003 (articolo 16).
La responsabilità del provider
La Sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale di Milano, con ordinanza cautelare del 19 ottobre 2020, ha deciso un procedimento d’urgenza promosso da due produttori di articoli di profumeria di alta gamma (che avevano implementato un sistema di distribuzione selettiva a tutela del prestigio dei marchi distribuiti) nei confronti della piattaforma Amazon attraverso la quale erano commercializzate – sia direttamente dal gestore, sia tramite venditori terzi – le proprie fragranze.
Il Tribunale, dopo aver valutato la liceità del sistema di distribuzione selettiva delle fragranze (appurando che le modalità di vendita sul marketplace ne ledevano il prestigio), ha prima accertato la vendita diretta dei profumi da parte del provider – stabilendone la responsabilità per contraffazione di marchio –, e, in seguito, ha esaminato le modalità operative relative ai servizi di vendita offerti dal provider, rilevando che quest’ultimo:
gestisce un servizio clienti per le inserzioni di vendita di terzi (unico servizio di cui il cliente dispone per interfacciarsi con il venditore);
svolge attività promozionale anche tramite inserzioni su siti terzi;
permette ai consumatori di ritenere esistente un legame tra la piattaforma e le aziende produttrici dei prodotti venduti sulla stessa.
Secondo il Tribunale, l’insieme di queste azioni attribuisce al gestore della piattaforma – nella sua veste di hosting provider – un ruolo attivo, escludendolo dall’esenzione di responsabilità previsto dall’articolo 16 del Dlgs 70/2003 solo in caso di servizio «consistente nella memorizzazione di informazioni fornite da un destinatario del servizio», definito negli ultimi anni dalla giurisprudenza “passivo”. L’attività del gestore del marketplace, infatti, non si è limitata alla prestazione di un servizio di ordine meramente tecnico, automatico e passivo, per la quale la piattaforma non conosce, né controlla, le informazioni trasmesse o memorizzate dalle persone alle quali fornisce i servizi.
Il Tribunale ha quindi ritenuto il provider responsabile di contraffazione di marchio anche quando svolge il ruolo di intermediario tra il consumatore e i venditori terzi che sfruttano la piattaforma per la propria attività commerciale, inibendo l’ulteriore commercializzazione delle fragranze tramite il proprio marketplace.
La giurisprudenza
La decisione di Milano arriva pochi mesi dopo una sentenza della Corte di giustizia europea del 2 aprile 2020 che, all’opposto, aveva riconosciuto la natura di hosting provider passivo di Amazon (C-567/18, Coty c. Amazon). In quel caso, tuttavia, la Corte si era limitata a considerare (alla luce però delle circostanze di fatto delineate dal giudice del rinvio) la mera attività di stoccaggio svolta dalla piattaforma.
L’indagine del Tribunale di Milano ha, invece, esaminato nel dettaglio le attività svolte in concreto dal gestore del noto marketplace al fine di individuare la linea di confine tra prestatore di servizi della società dell’informazione neutrale e non neutrale.
La responsabilità del provider è, ormai, da tempo al centro del dibattito giurisprudenziale (e non solo), ma è quantomai attuale; la regolamentazione della responsabilità delle piattaforme è anche oggetto del Digital Service Act, parte della proposta presentata dalla Commissione europea lo scorso 15 dicembre per regolamentare l’offerta di servizi digitali.
La distinzione tra hosting “attivo” e “passivo” passa, ormai e inevitabilmente, sempre più da una verifica in concreto e caso per caso della condotta e delle attività svolte dai provider. Così, alcune decisioni di merito hanno ritenuto attiva la condotta del provider sulla base di attività quali organizzazione di un servizio clienti, controllo sui prodotti, profilazione e manipolazione del materiale caricato dall’utente (Tribunale di Milano, ordinanza del 13 luglio 2020; Tribunale di Roma, sentenze del 12 luglio 2019 e del 10 gennaio 2019); altre hanno invece ritenuto passivo il ruolo del provider sulla scorta della mera ospitalità di contenuti, senza manipolazione dei dati (Tribunale di Milano, sentenza del 17 giugno 2020; Cassazione, sentenza del 19 marzo 2019; Tribunale di Torino, sentenza 7 aprile 2017).
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Scadenziario Marzo 2021
7 Febbraio 2021
entro il 12 Marzo
- La presentazione della richiesta al Fondo Servizi Sociali finalizzata al rimborso delle spese obbligatorie inerenti la sicurezza di cui all’Accordo del 14/02/2006 fra la Confederazione Sindacale e le Associazioni Datori di Lavoro per il settore Industria. Alla richiesta vanno allegate le relative fatture di spesa;
entro il 20 Marzo
- Scade il termine per il pagamento dei contributi previdenziali /assistenziali I.S.S. F.S.S. e FONDISS per lavoratori dipendenti relativi al mese di febbraio;
entro il 31 Marzo
- La presentazione della dichiarazione annuale per prodotti petroliferi (D.A.P.);
- La presentazione della richiesta al Fondo Servizi Sociali finalizzata al rimborso delle spese obbligatorie inerenti la sicurezza di cui all’Accordo del 14/02/2006 fra la Confederazione Sindacale e le Associazioni Datori di Lavoro per il settore Commercio/Artigianto/Servizi. Alla richiesta vanno allegate le relative fatture di spesa;
- La presentazione alla Banca Centrale, da parte degli intermediari assicurativi, della relazione sull’attività svolta nell’esercizio precedente, mediante utilizzo dello schema richiesto dalla stessa autorità;