Mese: Dicembre 2021
Decreto Legge 7 Dicembre 2021 nr 197 – Disposizioni urgenti per il contrasto alla diffusione del contagio da COVID-19
13 Dicembre 2021
Si allega il testo completo del Decreto Legge nr 197 con le disposizioni urgenti in tema di COVID-19 nonchè la Circolare Esplicativa e il Comunicato Stampa del Congresso di Stato che chiariscono la corretta applicazione ed interpretazione del Decreto stesso.
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Decreto Delegato 7 Dicembre 2021 nr 196 – Nuove disposizioni sulla dichiarazione delle attività patrimoniali, finanziarie e quote societarie possedute all’estero – mod. al D.D. 13/11/2020 NR 199
13 Dicembre 2021
L’ultimo Decreto in tema di DAPEF (Dichiarazione delle attività patrimoniali e finanziarie detenute all’estero e delle quote societarie ovunque detenute) introduce alcune semplificazioni compilative e dichiarative rispetto alla normativa previgente.
In particolare è stato eliminato l’obbligo di dichiarare le azioni o quote di società residenti e degli oggetti preziosi e si sono specificati i termini di prescrizione dei controlli.
Tutte le semplificazioni attuate sono state riepilogate nella Circolare del Dipartimento Finanze e Bilancio del 9 dicembre u.s. di cui se ne raccomanda, insieme al Decreto stesso, un’attenta lettura.
Con l’occasione si ricorda che la scadenza della dichiarazione è stato prorogata in via straordinaria per il solo anno 2020 al 31 12 2021 mentre in via ordinaria sarà da presentarsi il 30 giugno di ogni anno con riferimento ai beni posseduti al 31/12 dell’anno precedente.
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Decreto Delegato 30 Novembre 2021 nr 193 – Disposizioni in materia di frodi e falsificazioni di strumenti di pagamento diversi dai contanti in recepimento della Direttiva (UE) 2019/713
13 Dicembre 2021
Il Decreto allegato, in recepimento della Direttiva UE 2019/713 modifica ed integra il Codice Penale della Repubblica di San Marino contro le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti.
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Legge 26 novembre 2021 nr 192 – Misure di risoluzione delle controversie relative al trattamento fiscale – procedure amichevoli (MAP) ai sensi degli accordi in materia di doppia imposizione fiscale e scambio d’informazione in materia fiscale
13 Dicembre 2021
Si allega il testo completo della Legge nr 192 che adegua l’ordinamento sammarinese alla migliore prassi internazionale in tema di risoluzioni amichevoli delle controversie internazionali riguardanti le doppie imposizioni (art. 25 del Modello OCSE). Si implementano i meccanismi di risoluzione amichevole e gli standard minimi di applicazione di tali procedure.
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Dipendente e presidente cda ruoli incompatibili
13 Dicembre 2021
Il Sole 24 Ore 24 novembre 2021 di Laura Ambrosi Antonio Iorio
Indeducibili i compensi da lavoro in assenza di una vera subordinazione
Nelle imposte sui redditi è incompatibile la qualità di lavoratore dipendente di una società di capitali con la carica di presidente del cda o di amministratore unico con conseguente indeducibilità del costo del lavoratore.
Il cumulo nella stessa persona dei poteri di rappresentanza e di disciplina rende, infatti, impossibile la diversificazione delle parti del rapporto di lavoro e delle relative distinte attribuzioni necessaria invece per l’elemento della subordinazione. In ipotesi, invece, di membro del cda anche lavoratore dipendente, per la deducibilità del costo, occorre un concreto accertamento della sussistenza del vincolo di subordinazione gerarchica, del potere direttivo e, in particolare, lo svolgimento di mansioni diverse da quelle proprie della carica sociale rivestita. A fornire questi principi è la Cassazione con la sentenza n. 36362 di ieri.
Due soci e amministratori di una scarl oltre al compenso quali componenti del cda (uno dei due era anche presidente) avevano percepito anche compensi da lavoro dipendente. L’Agenzia contestava la deducibilità di queste ultime somme. In particolare, per uno, godendo di autonomia decisionale, risultava mancante il vincolo di subordinazione, per l’altro, trattandosi di presidente del cda, non era ammessa la contemporanea presenza dell’attività di lavoro subordinato. Veniva intrapreso il contenzioso e la Ctr riteneva inerenti e deducibili tali costi. L’Agenzia ricorreva quindi per cassazione.
Secondo la Suprema Corte, può coesistere nella stessa persona la posizione di socio di società e/o componente del suo cda e quella di lavoratore subordinato, purché sia in concreto assoggettata a un potere disciplinare e di controllo dagli altri componenti dell’organo cui appartiene. In mancanza, l’osservanza di un orario di lavoro e una regolare retribuzione non sono sufficienti a far ritenere sussistente il lavoro subordinato. Nel caso di amministratore unico non è invece configurabile il vincolo di subordinazione perché manca la soggezione del prestatore ad un potere sovraordinato di controllo e disciplina. Nella specie, un socio era presidente del cda, di conseguenza, non poteva svolgere un’attività di lavoro subordinato. L’altro, invece, era componente del cda, e occorreva verificare in concreto l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, fondato o meno sul potere direttivo, gerarchico e disciplinare nei suoi confronti.
Da qui l’accoglimento del ricorso e il principio di diritto secondo cui nelle imposte sui redditi sussiste incompatibilità tra la qualità di lavoratore dipendente e la carica di presidente del cda. Per la compatibilità della qualità di socio amministratore, membro del cda, con quella di lavoratore dipendente non è sufficiente, invece, una verifica formale (statuto e delibere), ma occorre un concreto accertamento della sussistenza del vincolo di subordinazione, del potere direttivo e disciplinare nonché lo svolgimento di mansioni diverse da quelle proprie della carica sociale.
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Nel quadro RW vanno indicate le criptovalute anche se detenute nei wallet con chiavi private
13 Dicembre 2021
Il Sole 24 Ore 25 novembre 2021 di Valerio Vallefuoco
Tassazione dei proventi da cessioni onerose come per le monete estere
La giacenza media va verificata sull’insieme dei portafogli detenuti
Le criptovalute vanno indicate nel quadro RW anche se detenute in wallet con chiave privata. L’agenzia delle Entrate non cambia linea su tassazione e obblighi dichiarativi riferiti alle valute virtuali. La risposta a interpello 788/2021 tratta, infatti, gli obblighi di monitoraggio riferiti alla detenzione di valute virtuali in digital wallet e ribadisce quanto già precisato dall’Amministrazione finanziaria in precedenti documenti di prassi. Una posizione che giunge a pochi giorni dalla scadenza del 30 novembre per la trasmissione telematica delle dichiarazioni dei redditi.
Ma vediamo nel dettaglio. La risposta a interpello riprende come punto di riferimento la sentenza della Corte di giustizia Ue 22 ottobre 2015, causa C-264/14, che assimila le operazioni in valute virtuali a quelle «relative a divise, banconote e monete con valore liberatorio»; ciò anche se ormai è stato chiarito da più parti – ad iniziare dalla Banca Centrale Europea, ma anche nell’ambito dei lavori del G20 – che questi «beni virtuali» non debbano più essere considerati “valute” ma attività virtuali (crypto-assets).
Sulla base di questo inquadramento civilistico, l’Agenzia trae una serie di conseguenze sul piano fiscale. Intanto, agli eventuali redditi si applica quanto stabilito dall’articolo 67, comma 1-ter, del Tuir per le valute estere, ossia tassazione dei proventi ma solo se derivano da una cessione a titolo oneroso di valute detenute su conti correnti e depositi con giacenza media superiore, per almeno sette giorni lavorativi continui, a 51.645,69 euro; a tal fine, il prelievo da un wallet equivale ad una cessione a titolo oneroso e la giacenza media va verificata rispetto all’insieme dei wallet detenuti dal contribuente, indipendentemente dalla tipologia dei wallet.
Poi, costituisce una cessione anche la conversione di una valuta virtuale in un’altra valuta virtuale o in euro o in un’altra valuta avente corso legale. Va notato che questo chiarimento, per quanto condivisibile, ci differenzia da quanto previsto in altri Paesi, come la Francia, dove la conversione da un crypto-asset ad un altro non dà luogo a redditi imponibili.
Ancora la risposta a interpello conferma gli obblighi di monitoraggio a favore dei quali si è pronunciato anche il Tar del Lazio con la sentenza n. 1077 del 27 gennaio 2020: le valute virtuali vanno indicate nel quadro RW ogni anno, ma non sono soggette a Ivafe (imposta sul valore delle attività finanziarie all’estero).
Infine in relazione alle valute virtuali per le quali il contribuente abbia la disponibilità della chiave privata del wallet, l’amministrazione finanziaria richiamandosi alla sua precedente circolare 38/E/2013 (paragrafo 1.3.1.) ha precisato che trattandosi di attività finanziarie estere detenute in Italia al di fuori del circuito degli intermediari residenti suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia sussiste comunque l’obbligo di indicazione nel quadro RW della dichiarazione.
La pronuncia dell’Agenzia, per quanto coerente con i precedenti documenti di prassi, mette in luce il limite principale di questo come di altri documenti, ossia l’assenza di norme di diritto civile che diano una definizione univoca e omnicomprensiva (per quanto possibile) dei cripto assets, almeno in attesa che si concluda il processo legislativo comunitario riguardante il regolamento «Mica» (regulation on markets in crypto assets), su cui il Consiglio europeo ha appena raggiunto un accordo.
Ma la soluzione migliore, che conferirebbe certezza agli investitori e agli intermediari, ponendo le basi per uno sviluppo ordinato del mercato di queste attività in Italia, risiederebbe nell’introduzione, come avvenuto in altri Paesi, di una normativa tributaria ad hoc sui cripto-assets, che ne riconoscesse le peculiarità e ne evitasse l’assimilazione a beni e a discipline tributarie che poco si attagliano al fenomeno della finanza digitale.
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Questione targhe: approvato un emendamento che sanerà le problematiche
13 Dicembre 2021
Da San Marino Fixing del 3 Novembre 2021
La Segreteria di Stato per gli Affari Esteri informa dell’approvazione, avvenuta nella giornata di ieri, da parte del Senato della Repubblica Italiana, di un emendamento che andrà a sanare le problematiche sollevate con l’adozione del Decreto Sicurezza del dicembre 2018 che ricordiamo, poneva il divieto per i veicoli immatricolati nella Repubblica di San Marino e condotti da residenti in Italia da oltre 60 giorni, di circolare in territorio italiano; anche nell’ambito del successivo Decreto Semplificazioni non venne risolta definitamente la problematica.
L’emendamento approvato ieri in Senato consentirà la circolazione in Italia di veicoli anche condotti da residenti in territorio Italiano da oltre 60 giorni con la presenza a bordo del proprietario; viene inoltre stabilita la possibilità per i conducenti residenti in Italia da oltre 60 giorni di condurre veicoli immatricolati nella Repubblica di San Marino, qualora gli stessi siano collegati ad imprese aventi sede nel territorio sammarinese da un rapporto di lavoro subordinato o di collaborazione continuativa.
La Segreteria di Stato provvederà celermente ad informare la cittadinanza delle definitiva adozione del provvedimento, che si iscrive nell’ambito della Legge Europea, la cui adozione avverrà attraverso l’imminente ritorno alla Camera dei Deputati e conseguente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Grazie ad un costante, abile ed intenso lavoro diplomatico e istituzionale si è pertanto conclusa una questione particolarmente sensibile in capo a lavoratori e cittadini sammarinesi.
La Segreteria di Stato rimarca anche le più recenti interlocuzioni avvenute con alti rappresentanti istituzionali dei competenti Ministeri italiani, tesi ad accelerare l’iter d’adozione del provvedimento, che rappresenta altresì la conferma di un’ottima collaborazione con la controparte italiana su temi di forte impatto economico e sociale.
Da segnalare la più ampia collaborazione e la disponibilità del Ministero degli Affari Esteri e del Ministero dell’Interno italiani che hanno recepito l’interesse pregnante per San Marino.
Parole di profonda soddisfazione sono state espresse dal Segretario per gli Affari Esteri Luca Beccari che si è personalmente ed istituzionalmente prodigato per il raggiungimento di questo risultato.
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Sottrarre dati dal pc aziendale comporta il licenziamento
13 Dicembre 2021
Il Sole 24 Ore 20 novembre 2021 di Marina Olgiati Francesco Torniamenti
Il lavoratore colpevole commette illecito civile e reato di danneggiamento
L’azienda per provare la condotta può produrre documenti personali
I dati contenuti nel pc aziendale in dotazione al dipendente e utilizzati per lo svolgimento dell’attività lavorativa sono patrimonio aziendale. Pertanto, il dipendente che cancelli o manipoli o trasferisca all’esterno tali dati attua una condotta disciplinarmente rilevante, commette illecito civile e penale e può essere tenuto al risarcimento dei danni. Per dimostrare la condotta illecita del dipendente, il datore di lavoro può legittimamente acquisire e produrre in giudizio i messaggi privati inviati dal lavoratore a soggetti terzi. Così ha stabilito la Cassazione nella pronuncia 33809/2021 che ha affrontato il tema anche sotto il profilo della privacy e dei controlli difensivi.
Il caso esaminato ha riguardato un dirigente con mansioni di direttore commerciale, il quale, dopo essersi dimesso, aveva restituito il pc aziendale, previamente cancellando e/o asportando dati di contenuto lavorativo (e-mail, numeri di telefono, informazioni su prodotti e metodi di produzioni). La società datrice, con un intervento tecnico sull’hard disk del pc, aveva recuperato taluni dati cancellati, tra cui una password personale del dirigente, di cui si era poi avvalsa per accedere a messaggi privati del medesimo dirigente. Da tale corrispondenza aveva scoperto che quest’ultimo si era appropriato di informazioni riservate contenute nel pc aziendale, per diffonderle all’esterno. Accertati i fatti, la società aveva convenuto in giudizio l’ex dipendente, proponendo nei suoi confronti una cospicua domanda di danni.
Il giudice di primo grado aveva accolto la domanda, mentre la Corte d’appello l’aveva respinta sul presupposto che la società aveva prodotto prove non utilizzabili (messaggi privati), perché acquisite in violazione del diritto alla riservatezza e alla segretezza della corrispondenza. La Suprema corte ha cassato la sentenza d’appello, con rinvio alla corte territoriale, che dovrà decidere attenendosi ai seguenti principi: il lavoratore che cancella dati contenuti nei dispositivi aziendali lede il patrimonio aziendale e commette illecito civile, a cui consegue il diritto del datore al risarcimento dei danni; commette, altresì, il reato di “danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici”, previsto dall’articolo 635 bis del Codice penale. Il reato sussiste anche se la cancellazione non è definitiva. La Cassazione ha osservato che la condotta è disciplinarmente rilevante e giustifica il licenziamento per giusta causa per infrazione degli obblighi di diligenza e fedeltà.
La produzione in giudizio di documenti contenenti dati personali è sempre consentita quando sia necessaria per esercitare il diritto di difesa e non è preclusa dalla normativa sulla privacy che permette il trattamento di dati personali altrui, senza il consenso del titolare, quando il trattamento è diretto alla tutela di un diritto in sede giudiziaria. La società, al fine di accertare l’illecito utilizzo dei dati aziendali, ben poteva controllare la sua messagistica privata dell’ex dipendente, poiché tale controllo è “difensivo” e può essere adottato senza il rispetto delle garanzie di cui all’articolo 4 della legge 300/1970.
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Transfer pricing, niente sanzioni se c’è buona documentazione
13 Dicembre 2021
Il Sole 24 Ore 27 novembre 2021 di Alessandro Germani
La remissione in bonis è ammessa fino alle dichiarazioni 2022
La comunicazione tardiva alle Entrate può essere fatta entro 90 giorni dal termine
La circolare 15/E/2021 recepisce i commenti pervenuti a seguito della pubblica consultazione conclusasi il 12 ottobre scorso. La struttura della circolare resta invariata e per gli aspetti principali rimandiamo a interventi precedenti (si veda «Il Sole 24 Ore» del 21 e 22 settembre 2021). Di seguito invece ci concentriamo sugli aspetti nuovi che emergono dopo la consultazione.
Ricordiamo che per beneficiare della penalty protection, che consente la disapplicazione delle sanzioni in caso di verifica afferente al transfer pricing (articolo 110, comma 7, del Tuir), occorre predisporre (mera facoltà e non obbligo) una documentazione composta dal masterfile e dal countryfile in grado di dimostrare che i prezzi applicati sono di libera concorrenza, e che pertanto non vi è stato l’intento di spostare materia imponibile altrove all’estero.
Per ciò che concerne il master file, che si ricorda è obbligatorio per tutti i soggetti rispetto al previgente regime, qualora il periodo d’imposta del soggetto estero controllante diretto o indiretto non risulti coincidente con quello dell’entità locale, si ritiene possibile presentare il masterfile predisposto dal soggetto controllante diretto o indiretto riferito al periodo d’imposta la cui data di chiusura precede quella del periodo d’imposta dell’entità locale.
In ogni caso, se nel corso del controllo emerga l’esigenza di disporre di informazioni supplementari o integrative rispetto a quelle contenute nel documento, l’entità locale deve rendere disponibile su richiesta tali ulteriori informazioni, compreso, se del caso, il masterfile riferito al periodo d’imposta la cui data di chiusura segue quella del periodo d’imposta dell’entità locale.
Circa la documentazione nazionale è possibile descrivere anche le operazioni marginali. Se chiaramente queste non vengono descritte, in caso di contestazione per esse non varrà l’esimente sanzionatoria, ma questo non significa che l’esimente venga meno anche per le operazioni non marginali.
Per le operazioni afferenti a royalties e interessi passivi si guarda al principio di competenza, anche se in fase di verifica i controlli potranno essere effettuati sui pagamenti in base al criterio di cassa.
Per quanto riguarda i termini di consegna della documentazione, richieste ad hoc possono riguardare i master file afferenti alle divisioni dell’impresa o quelli riguardanti le altre attività, così come i casi in cui vi siano delle differenze nella chiusura dei periodi d’imposta fra le entità coinvolte.
Viene ribadita l’apertura alla remissione in bonis, così come previsto già per la documentazione del patent box. A titolo esemplificativo, quindi, la comunicazione riferita al periodo d’imposta 2020, da effettuare con il modello Redditi 2021, può essere effettuata presentando una dichiarazione integrativa al più tardi entro il termine di presentazione del modello Redditi 2022, versando, altresì, la sanzione prevista dall’articolo 11, comma 1, del Dlgs 471 del 1997.
Viene specificato che, ai fini dell’applicazione della disciplina della remissione in bonis, non rientrano tra le «altre attività amministrative di accertamento» le richieste informative e documentali eseguite nell’ambito del regime dell’adempimento collaborativo disciplinato dagli articoli 3 e seguenti del Dlgs 128/15.
In caso di rettifica del valore di libera concorrenza dei prezzi di trasferimento praticati dal contribuente, la sanzione amministrativa per infedele dichiarazione non si applica qualora la documentazione, validamente presentata, sia considerata idonea anche per la parte di reddito imponibile, ovvero di compensi, interessi e altre somme soggette a ritenuta, oggetto di dichiarazione integrativa a sfavore; nel diverso caso in cui la documentazione sia ritenuta non idonea, la determinazione della sanzione è rimessa alle valutazioni dell’ufficio competente per l’accertamento.
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Scadenziario Dicembre 2021
12 Dicembre 2021
entro il 20 Dicembre
- Scade il termine per il pagamento dei contributi previdenziali /assistenziali I.S.S. F.S.S. e FONDISS per lavoratori dipendenti relativi al mese di novembre.
entro il 31 Dicembre
- Termine ultimo per la trasmissione all’Ufficio Tributario della DAPEF (Dichiarazione delle attività patrimoniali e finanziarie detenute all’estero e delle quote societarie ovunque detenute) relativa all’anno 2020 (D.D. nr 199 del 13/11/20);
- scade il termine per il versamento della ritenuta del 5% sugli utili (anche eventualmente accantonati a Riserva) prelevati nel bimestre di settembre e ottobre (ritenuta da applicarsi sulla distribuzione utili formatisi dall’anno 2014 in avanti);
- il pagamento delle ritenute a titolo d’acconto per lavoro dipendente e autonomo relativi al bimestre di settembre e ottobre dell’ esercizio in corso;
- il pagamento dell’imposta speciale di bollo sui servizi di agenzia e rappresentanza (3% e 6%) relativi al bimestre di settembre e ottobre dell’ esercizio in corso;
- il pagamento dell’imposta di bollo 3% su servizi di pubblicità e elaborazione dati relativi a fatture datate settembre e ottobre;
- il pagamento dei compensi amministratori pena l’indeducibilità del costo;
- scade il termine per il pagamento dell’imposta speciale sui beni di lusso (imbarcazioni);
Si ricorda per le aziende di produzione o per le attività di commercio all’ingrosso, di prestare attenzione agli acquisti di fine anno, poiché consistenti incrementi di magazzino al 31/12/21 rispetto all’anno precedente determinano l’obbligo di pagare la monofase sull’incremento medesimo.
Si rammenta che l’art. 58 c 1 lett. c) della Legge 94/2017 ha abolito l’obbligo di invio della comunicazione all’Ufficio Tributario della movimentazione relativa ai registri di temporanea importazione o esportazione (registro unico, c/lavoro, c/deposito, c/lavorazione ecc.).
Si segnala infine che l’art. 17 della Legge 137/2018 ha reso obbligatorio, già dal primo gennaio 2019, per ogni contribuente la registrazione nel conto fiscale delle obbligazioni tributarie ENTRO LA SCADENZA, pena sanzione amministrativa da € 100,00 a € 500,00 applicata dall’Ufficio Tributario.
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Si avvisa la gentile clientela che lo studio Commerciale del Dott. Antonio Valentini rimarrà chiuso per le festività natalizie dal 24 dicembre al 9 gennaio compresi.