Residenza fiscale, nuove norme senza retroattività

6 Agosto 2024

Il Sole 24 Ore 19 luglio 2024 di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

Le nuove regole sulla residenza fiscale introdotte valgono dal 1° gennaio 2024 e non possono essere applicate retroattivamente, in quanto non si tratta di norme interpretative. Ad affermarlo è la sentenza 19843/2024 della Cassazione, depositata il 18 luglio.

La vicenda trae origine dal ricorso proposto da un contribuente residente nel Principato di Monaco avverso un avviso di accertamento con il quale l’Ufficio contestava la residenza fiscale in Italia, dal momento che aveva mantenuto sul territorio nazionale il centro dei propri interessi vitali. Il giudice di primo grado accoglieva il ricorso, ma la sentenza veniva riformata in appello. Il contribuente ricorreva così in Cassazione lamentando, tra i diversi motivi, l’errata applicazione delle norme in materia di residenza previste dal Tuir.

I giudici di legittimità hanno innanzitutto ricordato che l’articolo 2 del Dpr 917/1986 è stato di recente modificato, introducendo un concetto di domicilio valevole ai fini fiscali.

Più precisamente, prima della novella, la norma mutuava la nozione di residenza e domicilio dal Codice civile, secondo il quale per residenza si intende il luogo in cui la persona ha la dimora abituale e, per domicilio, il luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi.

Con la modifica, solo la residenza è rimasta legata al Codice civile, mentre per il domicilio è stata introdotta una specifica nozione. Ora, infatti, per domicilio deve intendersi il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona.

Tuttavia, la Cassazione ha rilevato che la decorrenza di tale modifica è stata individuata nel 1° gennaio 2024 ed il testo non fornisce alcun elemento idoneo a qualificare questa disposizione di interpretazione autentica.

Tanto più che di fatto la definizione di domicilio incide sulle condizioni fattuali che determinano la soggettività passiva e, quindi, sull’onere della prova, con l’evidente conseguenza che non può avere alcuna efficacia antecedente al 1° gennaio 2024. Solo da tale data, per l’individuazione del domicilio avranno rilevanza le relazioni personali in via principale.

Per il passato, secondo la Suprema Corte, in base ad alcuni orientamenti giurisprudenziali sia nazionali sia unionali, le relazioni affettive e familiari del contribuente non rivestono un ruolo prioritario, ma rilevano solo unitamente ad altri criteri attestanti univocamente il luogo con il quale il soggetto ha il più stretto collegamento riconoscibile dai terzi.

È stato così affermato il principio secondo cui il concetto di domicilio, nella versione applicabile fino al 1° gennaio 2024, coincide con il centro degli affari e degli interessi vitali della persona, dando prevalenza al luogo in cui la gestione di detti interessi è esercitata abitualmente in modo riconoscibile dai terzi, non rivestendo priorità le relazioni affettive e familiari, le quali rilevano solo unitamente ad altri criteri.

Alla luce di questo principio, è stato rigettato il ricorso del contribuente: i giudici di appello, infatti, ritenevano che in Italia sussistessero interessi patrimoniali riconoscibili a terzi, individuati nell’esercizio fattivo di cariche sociali in diverse imprese, oltre che proprietà immobiliari gestite da terzi e comunque anche interessi personali e familiari.

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