I beni in natura sono da tassare
13 Gennaio 2020
Il Sole 24 Ore 17 DICEMBRE 2019 di Giovanni Renella
L’INTERPELLO
Niente categoria omogenea se solo un amministratore su tre riceve dei soldi
Non fa realizzare una categoria omogenea la presenza di amministratori (due su tre) che per l’incarico svolto percepiscono esclusivamente compensi in natura. In questo caso, i benefit assolvono infatti una funzione essenzialmente remunerativa da assoggettare a tassazione come reddito di lavoro dipendente.
È questa una delle risposte fornite dall’agenzia delle Entrate – risposta 522 del 13 dicembre 2019 – ad un interpello presentato da una società di consulenza che intende attivare un piano di welfare aziendale on top, da riservare a due categorie di beneficiari costituite da:
alcuni lavoratori dipendenti;
i tre membri del CdA, di cui un componente percepisce compensi in danaro inquadrabili tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (articolo 50, comma 1, lettera c-bis, Tuir) mentre gli altri due amministratori svolgono l’incarico a titolo gratuito.
In linea generale sia gli emolumenti in denaro che i valori corrispondenti ai beni, ai servizi e alle opere percepiti dal dipendente in relazione al rapporto di lavoro costituiscono redditi imponibili e concorrono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente (cd. principio di onnicomprensività).
Come già chiarito in altre documenti di prassi (circolare 28/E/2016) condizione per l’applicazione del regime di non imponibilità (articolo 51, comma 2, Tuir) è che l’erogazione in natura non si traduca in un aggiramento degli ordinari criteri di determinazione del reddito di lavoro dipendente e in una violazione dei principi di capacità contributiva e di progressività dell’imposizione. In altri termini non devono essere alterati nè le regole di tassazione dei redditi di lavoro dipendente (e assimilati) nè il connesso principio di capacità contributiva che comunque attrae nella base imponibile anche le retribuzioni erogate in natura.