Dichiarazione fraudolenta anche senza avere benefici
9 Febbraio 2021
Il Sole 24 Ore 21 gennaio 2021 di Antonio Iorio
CASSAZIONE
Coinvolto il responsabile amministrativo con delega a firmare le dichiarazioni
Anche il responsabile amministrativo della società risponde del reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di false fatture se ha la delega alla sottoscrizione delle dichiarazioni. A nulla rileva che non sia socio dell’impresa e che quindi non abbia tratto beneficio diretto dall’evasione in quanto il suo coinvolgimento può essere provato anche sotto altri profili. A fornire questa rigorosa interpretazione è la Corte di Cassazione con la sentenza 2270 depositata ieri.
Nei confronti del direttore amministrativo di una società che aveva sottoscritto la dichiarazione dell’impresa veniva effettuato un sequestro preventivo in considerazione di un ipotizzato reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di false fatture. La misura cautelare veniva confermata dal competente tribunale del riesame. L’interessato ricorreva per cassazione, evidenziando, in estrema sintesi, che era direttore amministrativo, anche se dotato di poteri di firma delle dichiarazioni fiscali. In sostanza era un semplice dipendente della società, senza poteri di rappresentanza che non aveva tratto alcun beneficio dalla violazione contestata.
In ogni caso non vi era prova che avesse presentato le dichiarazioni fiscali oggetto di contestazione: nella società si erano avvicendati vari amministratori che avrebbero potuto procedere a tale adempimento. Infine veniva rilevato che si era anche insinuato nel fallimento della società per retribuzioni non ricevute
La Corte di cassazione ha respinto il ricorso confermando la misura cautelare.
Secondo i giudici di legittimità l’interessato non aveva considerato che il tribunale del riesame aveva in realtà valutato anche altre circostanze.
Innanzitutto egli in ambito societario impartiva le direttive ai fini della registrazione e del pagamento delle fatture, inoltre era presente ad incontri nei quali uno dei partecipanti ammetteva che i lavori pagati non corrispondevano a quelli eseguiti e veniva indicato da un testimone quale responsabile della falsità in sede di approvazione dei bilanci
La cassazione ha così ritenuto irrilevante la circostanza lamentata dall’interessato che non vi fosse prova dell’apposizione della firma dell’indagato sulle dichiarazioni fiscali in quanto non presenti in atti
La pronuncia della Suprema corte, che evidentemente attiene una misura cautelare e quindi non è un’affermazione della colpevolezza dell’indagato, tuttavia deve far riflettere sulla circostanza, spesso non ben ponderata, che in prima battuta nei reati dichiarativi la responsabilità dell’illecito penale ricade su colui che ha sottoscritto la dichiarazione.
Nella specie dalla lettura della sentenza sembra emergere che l’interessato avesse effettivamente la delega per tale atto ancorché poi si sia difeso rilevando che l’accusa non avesse allegato tali dichiarazioni ponendo così in dubbio verosimilmente anche la stessa sottoscrizione.
Secondo l’orientamento della Suprema corte colui che sottoscrive la dichiarazione è in prima battuta il responsabile del reato, in quanto si presume la consapevolezza di quanto dichiarato, tanto più se da altri elementi (dichiarazioni testimoniali di terzi e sua partecipazione a riunioni) era confermata la sua consapevolezza.