La diffusione del programma Tv salva il marchio dalla decadenza
7 Luglio 2023
Il Sole 24 Ore lunedì 26 giugno 2023 di Gianluca De Cristofaro e Matteo Di Lernia
Per la Cassazione non basta la trasmissione in chiaro su tutto il territorio nazionale
È necessario che frequenza e durata della messa in onda siano incisive sul mercato
La trasmissione in chiaro sull’intero territorio nazionale di un programma televisivo non determina di per sé che vi sia un uso “effettivo” del marchio che contraddistingua tale programma e che impedisca la decadenza dei diritti sul marchio a causa del mancato uso dello stesso.
Nel mercato televisivo, per conservare i diritti di esclusiva sul marchio, occorre sempre verificare in concreto – a prescindere dalla diffusione nazionale in chiaro del programma – se la trasmissione che veicola il marchio abbia avuto un’effettiva incidenza in tale mercato o se, invece, abbia avuto un impatto meramente simbolico. E, a questo proposito, occorre considerare tra le altre circostanze rilevanti la frequenza e la durata della messa in onda del programma televisivo contraddistinto dal marchio.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione (con la decisione n. 2398 depositata il 6 giugno scorso) che è intervenuta sulla decadenza per non uso del marchio “Passaparola”.
L’uso non simbolico
L’articolo 24, comma 1, del Codice di proprietà industriale prevede che un marchio debba essere “effettivamente” usato entro cinque anni dalla registrazione, e che quest’uso non possa essere interrotto per più di cinque anni, a pena di decadenza. Il terzo comma dello stesso articolo prevede che non possa dichiararsi la decadenza se l’uso effettivo del marchio ha avuto inizio o sia stato ripreso.
Il caso portato all’attenzione della Corte di cassazione riguardava la contestata decadenza per non uso del marchio “Passaparola”. A partire dal 2008, infatti, la programmazione dell’omonimo show era stata interrotta – così come ogni altro uso di tale segno come marchio –, ad eccezione della diffusione di alcune repliche del programma andate in onda sul canale “Mediaset Extra” nel periodo dicembre 2013 / febbraio 2014.
La Cassazione si è trovata a dover valutare se la messa in onda delle repliche del programma – dopo anni d’interruzione – tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014 fosse rilevante ai fini della riabilitazione del marchio in questione.
Nel precedente grado di giudizio, la Corte di Appello di Torino aveva attribuito un rilievo determinante alla mera circostanza per cui «lo sfruttamento del marchio “Passaparola” era avvenuto con una trasmissione in chiaro, su di un canale nazionale e per numerose volte».
La Cassazione ha innanzitutto ribadito il principio per cui nel verificare «l’uso effettivo» di un marchio occorre prendere in considerazione tutti i fatti e le circostanze che possono provare la realtà del suo sfruttamento commerciale (che deve essere teso a mantenere o trovare quote di mercato). In tal senso, devono esser esclusi tutti gli usi «simbolici».
Il confronto con il mercato
Con riferimento in particolare al mercato televisivo, la Cassazione ha escluso – contrariamente a quanto statuito dalla Corte di appello di Torino – che rilevi “di per sé” la circostanza per cui lo sfruttamento del marchio abbinato a uno show Tv sia attuato attraverso un’emittente che trasmette in chiaro sull’intero territorio nazionale. Occorre, invece, correlare la messa in onda del programma tv al mercato televisivo, per verificare se la trasmissione che veicola il marchio abbia (avuto) effettiva incidenza sul detto mercato, in modo tale da escludere che possa considerarsi “simbolica”.
La Cassazione ha quindi espresso il principio sulla base del quale non è di per sé decisivo che il programma Tv sia diffuso da un’emittente il cui segnale raggiunga ogni potenziale utente televisivo; occorre, invece, indagare in concreto – anche considerando la frequenza e la durata della messa in onda del programma – se la programmazione sia tale da escludere che l’uso del marchio sia, con riferimento al mercato televisivo, simbolico.