Deduzione tramite iscrizione contabile

7 Giugno 2023

Il Sole 24 Ore 11 maggio 2023 di Luca Galani

PERDITE SU CREDITI

Nei fallimenti c’è tempo sino a fine procedura

Nel caso delle perdite su crediti “automatiche”, la deduzione segue l’imputazione in bilancio. Se il debitore si trova in una procedura concorsuale o qualora il credito sia di modesto importo, l’impresa è libera di scegliere il momento in cui dedurre la perdita, iscrivendo l’importo al conto economico.

L’articolo 13 del Dlgs 147/2015 stabilisce che la deduzione delle perdite su crediti verso debitori assoggettati a procedure concorsuali e assimilate (accordi di ristrutturazione omologati e piani attestati) e delle perdite di modesto ammontare (valore unitario inferiore a 2.500 euro, elevato a 5.000 euro per le imprese con fatturato superiore a 100 milioni), scaduti da oltre sei mesi, si considera correttamente effettuata nell’esercizio di imputazione in bilancio anche se successivo al periodo di imposta o quando, in base all’articolo 101 del Tuir, si ritengono verificati gli elementi certi e precisi.

L’imputazione contabile della perdita non deve, però, effettuarsi oltre l’esercizio in cui si è operata, o si sarebbe dovuta operare, la cancellazione del credito secondo corretti principi contabili.

Ciò avviene, in particolare, a seguito della prescrizione del credito oppure in presenza di una rinuncia al credito o anche di una transazione con il debitore (che implica la rinuncia a riscuotere una parte del credito) e, infine, in caso di atti di cessione del credito con il trasferimento dei relativi rischi.

La risposta 12/2018 ha precisato che, in caso di fallimento del debitore, l’evento che fa scattare l’obbligo di cancellazione del credito (termine ultimo per la deduzione della perdita) è costituito dalla chiusura della procedura concorsuale.

Per la compilazione della dichiarazione dei redditi 2023, occorre pertanto verificare che per le perdite “automatiche” non ancora imputate a conto economico (anche mediante svalutazioni o accantonamenti) non risultino scaduti, entro la fine del decorso esercizio, i termini per la cancellazione.

Qualora l’iscrizione nel conto economico e la conseguente deduzione non vengano effettuate neppure nell’esercizio in cui si sono verificati i presupposti per la cancellazione del credito, la deduzione stessa non sarà più consentita. A meno di non ricorrere alla correzione dell’errore contabile (risposta 12/2018), adottando, per le società con revisione legale, le nuove regole semplificate previste dal decreto legge 73/2022 per dedurre gli oneri risultanti dalla “correzione”.

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Mediazione, non vale la procura speciale senza poteri sostanziali

7 Giugno 2023

Il Sole 24 Ore lunedì 8 maggio 2023 di Valentina Maglione Fabrizio Plagenza

Il legale non può autenticare il documento anche se il rappresentante è lui

Perché la procura speciale rilasciata dalla parte a chi la rappresenta in mediazione sia idonea non basta che nella formula sia citato il procedimento di mediazione, ma occorre specificare i poteri sostanziali attribuiti al delegato. Inoltre, la procura speciale non può essere autenticata dal difensore. Lo ha chiarito la Corte d’appello di Napoli che, con la sentenza 1262 del 21 marzo 2023 (presidente Magliulo, relatore Marinaro), ha anche precisato che, in caso di mediazione disposta dal giudice, la procedura di mediazione deve riguardare tutte le domande e che, quando una parte ha presentato appello principale e l’altra appello incidentale, è onere di entrambe ampliare l’oggetto della mediazione.

Nel caso esaminato, relativo alla compravendita di due immobili, i giudici hanno disposto con ordinanza la mediazione e fissato la successiva udienza di rinvio. Alla procedura, avviata e conclusa (con esito negativo) nei tempi, hanno partecipato un avvocato, delegato dalla parte istante, e la parte invitata, con il suo legale. Ma la «procura speciale» rilasciata dalla parte istante non convince la Corte: lo stile e il contenuto – scrivono i giudici – sono tipici di una procura speciale alle liti in quanto manca il conferimento al rappresentante dei poteri di disporre dei diritti sostanziali necessari alla composizione della controversia.

La Corte d’appello, richiamando le indicazioni della Cassazione, ricorda che è prevista la partecipazione personale delle parti alla mediazione perché il suo successo è riposto proprio nel contatto diretto tra le parti e il mediatore. Tuttavia, la partecipazione è delegabile, ma occorre «una procura avente lo specifico oggetto della partecipazione alla mediazione e il conferimento del potere di disporre dei diritti sostanziali». Se la parte sceglie di farsi rappresentare dal difensore, la procura speciale non può essere autenticata dallo stesso legale. Una direzione confermata anche dalla riforma contenuta nel decreto legislativo 149/2022.

La Corte d’appello dichiara quindi l’improcedibilità delle domande in quanto la parte istante non ha partecipato al primo incontro di mediazione, né personalmente, né tramite un delegato con idonea procura. Né avrebbe rilievo una ipotetica «ratifica» depositata presso l’organismo: sarebbe tardiva e inidonea, perché la valutazione sulla corretta partecipazione va fatta considerando ciò che è avvenuto durante la procedura e che risulta dal verbale.

Non sana la situazione neanche il fatto che la mediazione si chiuda con esito negativo: la procura idonea occorre già per partecipare al primo incontro. Né è possibile sanare l’improcedibilità disponendo una nuova mediazione, dato che la verifica sulla condizione di procedibilità va fatta all’udienza di rinvio.

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Decreto Delegato nr 91 del 1 Giugno 2023 – Coordinamento delle norme in applicazione della Legge 9/12/2022 nr 164 – Riforma delle norme relative all’occupazione

6 Giugno 2023

Il Decreto Delegato n.91/2023  proroga al 30/09/23 l’entrata in vigore delle nuove normative riguardanti i rapporti di lavoro degli amministratori e dei soci.

DD91-2023

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Scadenziario Luglio 2023

4 Giugno 2023

entro il 20 Luglio

  • Scade il termine per il pagamento dei contributi previdenziali /assistenziali I.S.S. , F.S.S.  e FONDISS per lavoratori dipendenti relativi al mese di giugno.

entro il 31 Luglio

  • Pagamento imposta complementare 3% sui servizi resi a privati nel periodo 01/01/23  -30/06/2023
  • Proroga straordinaria (come da  D.L. nr 81/2023), al 31 Luglio 2023 dei termini di presentazione delle dichiarazioni fiscali e degli adempimenti connessi per il periodo d’imposta 2022.

– dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche e giuridiche e dichiarazione del sostituto d’imposta entro il 31.07.23. Pagamento dell’eventuale conguaglio e I acconto IGR per l’anno 2023

– dichiarazione imposta complementare ed altri allegati alla dichiarazione dei redditi entro il 31.07.23

– dichiarazione annuale monofase entro il 31.07.23

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Decreto Legge 10 maggio 2023 nr 81 – Proroga straordinaria dei termini di presentazione delle dichiarazioni fiscali e degli adempimenti ad esse connessi

16 Maggio 2023

Il Decreto Legge nr 81, di cui si allega il testo completo, proroga in via straordinaria al 31 Luglio 2023 i termini di presentazione delle dichiarazioni fiscali e degli adempimenti connessi per il periodo d’imposta 2022.

Le nuove scadenze per la trasmissione e per il pagamento dell’eventuale debito d’imposta sono le seguenti:

– dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche e giuridiche entro il 31.07.23

– dichiarazione annuale monofase entro 31.07.23

– dichiarazione imposta complementare ed altri allegati alla dichiarazione dei redditi entro il 31.07.23

Anche il termine per la presentazione della dichiarazione delle attività patrimoniali, finanziarie e quote societarie detenute all’estero (DAPEF) è prorogato in via straordinaria per il periodo d’imposta 2022 al 2 Ottobre 2023.

DL81-2023

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Decreto Delegato 12 Aprile 2023 nr 62 – Modifica del D.D. 25 06 2018 nr 72 e succ. mod. – Nuove disposizioni in materia di credito agevolato in favore del settore alberghiero

16 Maggio 2023

Il Decreto Delegato nr 62 prevede nuove misure di credito agevolato  volte a riqualificare e potenziare il settore alberghiero e ricettivo del territorio della Repubblica di San Marino.

Si evidenzia che l’importo finanziabile massimo è di euro 3.500.000 qualora il progetto di investimento riguardi una o più delle seguenti tipologie di intervento in strutture alberghiere aventi numero di stelle uguale o superiore a tre, da realizzarsi entro tre anni:

a) ampliamento e riqualificazione della capacità ricettiva;
b) riqualificazione antisismica;
c) efficientamento energetico così come definito ed individuato dai commi 1 e 2 dell’articolo 22 del Decreto Delegato 24 maggio 2017 numero 51;
d) eliminazione delle barriere architettoniche;
e) una o più delle seguenti tipologie di intervento, purché funzionali agli interventi di cui alle precedenti lettere: manutenzione straordinaria; ristrutturazione edilizia; restauro e risanamento conservativo.

La durata massima del mutuo è di venti anni con un contributo in conto interessi da parte dello Stato limitato al numero massimo di dieci anni e pari al 70% del tasso convenzionato.

Si allega il testo completo

DD62-2023

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Sponsorizzazioni, salva la deduzione se l’ufficio non prova la restituzione

16 Maggio 2023

Il Sole 24 Ore lunedì 24 aprile 2023 di Alessia Urbani Neri

Il giudice applica i principi derivanti dalla riforma del processo tributario

Il Fisco non ha dimostrato la sovrafatturazione delle somme contestate

La Cgt di secondo grado dell’Emilia Romagna ha accolto l’appello della società contribuente, osservando che spetta all’amministrazione finanziaria provare in giudizio le ragioni su cui si fonda l’atto impositivo, anche nel caso in cui venga disconosciuta una deduzione. La decisione, sentenza 294/8/2023 (presidente Russo, relatore Blasi), conferma un precedente indirizzo (sentenza 293, sezione 1, depositata il 30 dicembre 2022).

La legge 130/22 di riforma del processo tributario, in vigore dal 1° settembre 2022, ha riformato l’articolo 7 del Dlgs 546/92, introducendo al comma 5-bis uno specifico obbligo a carico dell’amministrazione di fornire «prova in giudizio» delle «violazioni contestate con l’atto impugnato» mediante una «circostanziata e puntuale» dimostrazione della fondatezza della pretesa tributaria.

Nella vicenda in esame, l’amministrazione finanziaria aveva, infatti, rettificato il reddito societario senza riconoscere la deduzione delle spese relative a fatture afferenti a operazioni inesistenti. In particolare, l’Agenzia fiscale, sulla base di una indagine finanziaria condotta anche presso terze imprese, aveva contestato l’indebito utilizzo di diverse fatture emesse nell’ambito di una più ampia frode compiuta da alcune aziende sportive che sovrafatturavano i costi di sponsorizzazione al fine di consentire la deduzione di spese superiori a quelle in concreto sostenute, procedendo poi alla restituzione di gran parte delle somme pagate.

Il collegio, pur ritenendo l’accertamento correttamente motivato sulla base degli elementi presuntivi raccolti in sede amministrativa, rilevava che l’ufficio non aveva suffragato tali dati in sede giudiziale, con validi elementi probatori. Anzi, osservava che gli esiti del giudizio penale condotto nei confronti dei responsabili delle società sportive, che vendevano gli spazi pubblicitari, escludevano la sovrafatturazione contestata nell’atto impositivo; mentre nessuno sponsor veniva coinvolto nell’indagine penale, né sopportava alcun provvedimento restrittivo.

Non avendo l’amministrazione provato documentalmente l’esistenza della retrocessione (rectius: restituzione) degli importi pagati agli sponsor in forza delle fatture contestate, l’autorità giudiziaria annullava l’atto per carenza di argomentazioni probatorie idonee a sostenere la pretesa tributaria.

Ebbene, al di là del riparto dell’onere prova, che trova la sua fonte normativa nell’articolo 2697 del Codice civile, il comma 5-bis dell’articolo 7 del Dlgs 546/92 richiede il corretto adempimento di tale onere probatorio da parte degli uffici, indirizzando l’azione amministrativa verso una prova più rigorosa dell’atto impositivo, che deve essere data in sede giudiziale, senza intaccare le regole procedimentali che riguardano l’obbligo di motivazione dell’accertamento.

Ne deriva che, una volta che l’ufficio ha fornito indizi sufficienti per sostenere l’obbligazione tributaria, in caso di contestazione nel merito da parte del contribuente, è tenuta in sede giudiziale a provare con maggior responsabilità e puntualità la fondatezza della pretesa fiscale.

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Il paradosso: la stretta sui veicoli con targa estera moltiplica gli abusi

16 Maggio 2023

Il Sole 24 Ore 3 maggio 2023 di Maurizio Caprino

Tra i vantaggi, circolazione con mezzi non a norma Ue e risparmi su vari tributi

L’ultima stretta sui “furbetti della targa estera” ha un anno e sta mostrando più falle del previsto. Dalla sua entrata in vigore (18 marzo 2022) con le modifiche agli articoli 93, 94, 132 e 196 del Codice della strada e il nuovo articolo 93-bis, oltre ai timori per le entrate fiscali legate ai veicoli (Iva, bollo auto, eventuale superbollo e Ipt, si veda «Il Sole 24 Ore» del 28 marzo 2022), sono emersi casi in cui il nuovo regime è servito per risparmiare ulteriormente sulle tasse e regolarizzare veicoli che non hanno i requisiti per circolare con targa italiana.

Perno di tutto è il Reve, il Registro veicoli immatricolati all’estero tenuto dal Pra, in cui vanno iscritti i mezzi con targa straniera utilizzati in Italia per più di 30 giorni da conducenti che risiedono nel nostro Paese (si veda la scheda sopra). Dopo la normale ondata iniziale di iscrizioni (22.233 tra fine marzo e giugno 2022), ci si è assestati su numeri bassi: da 1.700 a 3.600 al mese. Ma l’iscrizione al Reve rischia di diventare di massa: gli operatori vedono sempre nuove situazioni in cui la si usa in modo sospetto.

Sul fronte fiscale, è innanzitutto il caso dell’iscrizione per soli sei mesi: il tempo necessario affinché un veicolo acquistato nuovo all’estero si possa considerare ai fini Iva come usato e quindi tassato non sul suo intero valore da nuovo, ma solo sul margine di guadagno del rivenditore che risulta averlo ceduto d’occasione al cliente finale.

Una variante di questo schema consiste nel prendere in noleggio a lungo termine un veicolo in un Paese con Iva più bassa rispetto all’Italia, per farselo cedere dopo sei mesi dal noleggiatore. La formula del noleggio (come il subnoleggio e il comodato) viene usata largamente per iscriversi al Reve: né le norme né le prassi impongono verifiche documentali o limitazioni.

Un altro vantaggio fiscale è stato scoperto da chi ha iscritto al Reve veicoli già immatricolati in Italia e poi radiati per esportazione. Non di rado, dietro queste radiazioni non c’è un effettivo trasferimento all’estero, bensì l’intenzione di continuare a circolare prevalentemente in Italia senza pagare il superbollo cui si era soggetti quando il mezzo aveva targa italiana. Si può eludere il divieto di circolazione imposto ai veicoli gravati dalle ganasce fiscali: il fermo amministrativo non impedisce l’esportazione, che a quel punto si usa per ottenere una targa estera con cui passare indenni tutti i controlli in cui non venga verificato anche il numero di telaio, ossia la stragrande maggioranza.

Insomma, il vantaggio non è più riservato a chi si procura all’estero un’auto molto potente, ma si allarga a chi ne ha già una normalmente immatricolata in Italia.

C’è pure un fronte tecnico. Può riguardare particolari auto americane non in vendita in Europa, omologate solo negli Usa, secondo standard locali non riconosciuti nella Ue. A volte non si riesce a ottenere la targa italiana neanche apportando le modifiche necessarie per rientrare negli attuali standard Ue o facendo valere il fatto di essere italiani residenti in Usa che stanno rimpatriando (cosa che normalmente dà diritto a una deroga): la materia è complessa e frammentata. Con l’iscrizione al Reve, tutti questi problemi si risolvono in un colpo solo. A scapito di utenti e operatori che hanno gli stessi diritti e non vogliono ricorrere a scappatoie o non le conoscono (per ora)

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L’operatività con terzi salva dall’interposizione la società estera

16 Maggio 2023

Il Sole 24 Ore lunedì 17 aprile 2023 di Marcello Maria De Vito

Necessario dimostrare la piena strumentalità alla controllante italiana

Gli scambi commerciali di entità marginale e l’operatività anche con altri soggetti sono elementi idonei per escludere che una società non residente sia un mero strumento di cui si serve una società residente per erodere la propria base imponibile. Sono questi i principi affermati dalla Corte di giustizia tributaria di I grado di Genova, con la sentenza 07/12/2022 n.1063, (presidente Picozzi, relatore Galletto).

L’agenzia delle Entrate imputava a una società residente tutte le operazioni effettuate da una società britannica di intermediazione, ritenuta non indipendente e priva di struttura sostanziale. Pertanto, l’Agenzia contestava alla società residente che la società britannica fosse stata utilizzata come strumento per erodere la propria base imponibile in Italia.

Il contribuente ricorreva alla Cgt eccependo la carenza di prova circa l’imputazione alla società residente di tutte le operazioni effettuate dalla società britannica.

Le Entrate evidenziavano che gli amministratori della società residente controllavano la britannica e che dal questionario inviato alla società titolare dei magazzini, in cui risultava depositata la maggior parte della merce compravenduta tra le due società, erano emerse incongruenze prive di spiegazione.

La Corte osserva che dalla documentazione si evince che la società britannica ha effettuato intermediazioni anche con soggetti diversi. Inoltre, gli scambi con la britannica appaiono marginali rispetto alla globalità degli scambi della ricorrente. Al contempo, precisa il collegio, gli elementi portati dall’Agenzia, non sono tali da dimostrare in modo determinante la non operatività e la strumentalità della società britannica alla società residente. La Corte, quindi, accoglie il ricorso compensando le spese.

La fattispecie oggetto di giudizio è da ricondurre all’interposizione disciplinata dall’articolo 37, comma 3, Dpr 600/73, che consente all’ufficio di imputare al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti. Sul punto è intervenuta la Cassazione con la sentenza 1358 del 2023. I giudici hanno precisato che ciò che va verificato è la relazione di fatto tra contribuente e reddito per operare la traslazione del reddito d’impresa prodotto dalla società al soggetto effettivo titolare del reddito. Tale relazione di fatto deve essere caratterizzata, per assumere incidenza, da una particolare pregnanza perché deve essere tale da comportare la traslazione del reddito realizzato dalla società nel suo complesso al soggetto interponente come se il reddito fosse stato prodotto da quest’ultimo. È irrilevante, precisa la Cassazione, la dimostrazione che l’interposizione sia reale o fittizia. Ciò in quanto l’articolo 37, comma 3, si riferisce non solo a qualsiasi ipotesi di interposizione, ma anche all’uso improprio di un legittimo strumento giuridico, come la società.

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Lecito l’utilizzo di investigatori per condotte non penalmente rilevanti

16 Maggio 2023

Il Sole 24 Ore 18 aprile 2023 di Ranieri Romani

Per il Tribunale di Roma è vietata solo la verifica della prestazione lavorativa

Con ordinanza del 14 marzo 2023 il Tribunale del Lavoro di Roma è tornato sull’annosa questione dell’utilizzo di agenzie investigative per l’accertamento di fatti disciplinarmente rilevanti nel rapporto di lavoro, dichiarandone la legittimità anche ove abbiano avuto a oggetto la verifica di condotte (illecite) non penalmente rilevanti e a prescindere dal fatto che il datore di lavoro avrebbe potuto accertare la sussistenza delle stesse ricorrendo ad altri strumenti a sua disposizione.

Il caso sottoposto al Giudice trae origine da un licenziamento irrogato a un operaio (responsabile di vari cantieri con mansioni di sorveglianza e controllo) al quale era stata contestata la mancata e irregolare prestazione lavorativa in 18 occasioni nel corso di tre mesi.

In particolare, la Società – mediante il ricorso a un’agenzia investigativa esterna – aveva rilevato il mancato rispetto dell’orario del dipendente, il suo ingiustificato abbandono del posto di lavoro, l’esecuzione in orario di lavoro di attività personali nonchè l’utilizzo di alcuni beni aziendali per scopi privati ed estranei all’attività lavorativa.

Il lavoratore aveva impugnato il licenziamento eccependo, fra le altre cose, anche l’abusivo ricorso al controllo tramite investigatori privati da parte del datore di lavoro.

Il giudice, nel rigettare integralmente il ricorso, ha affermato che il divieto di ricorrere a controlli tramite agenzie di investigazione privata in capo al datore di lavoro è limitato alla mera verifica dell’adempimento o dell’inadempimento, da parte del lavoratore, della sua prestazione lavorativa (controllo, questo, che spetta esclusivamente al datore e ai suoi collaboratori inseriti nell’organizzazione gerarchica dell’impresa) ben potendo invece lo stesso datore di lavoro eseguire, anche attraverso agenzie esterne, controlli finalizzati a verificare la realizzazione di condotte illecite seppur non penalmente rilevanti (quali sono la falsa attestazione dell’orario da parte del dipendente, il suo allontanamento dal luogo di lavoro per scopi privati o l’utilizzo di beni aziendali per scopi personali). Ciò, purché sussista il sospetto o la mera ipotesi che tali illeciti siano in corso di esecuzione (sospetto, nel caso di specie, giustificato dalla società convenuta con la prova dell’anomala durata dell’apertura dei vari cantieri rientranti nel perimetro di competenza del ricorrente).

L’ordinanza è interessante anche perché pone l’attenzione sulla rilevanza (ai fini della valutazione della legittimità o meno dell’utilizzo di investigatori privati) di altri strumenti che il datore di lavoro avrebbe potuto utilizzare per accertare le condotte illecite del dipendente: in tal senso, il giudice ha ritenuto del tutto irrilevante la teorica possibilità, per il datore di lavoro, di geolocalizzare il proprio dipendente attraverso la traccia informatica dei tablet in dotazione ad alcuni lavoratori sia perché, nel caso di specie, vigeva un accordo sindacale con il quale l’azienda si era impegnata a non utilizzare i tablet a tale scopo, sia perché ciò non avrebbe in ogni caso impedito il legittimo utilizzo delle indagini investigative esterne da parte del datore di lavoro.

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