Decreto Delegato 23 Dicembre 2024 nr 207 – Imposta di trascrizione agevolata per l’immatricolazione di veicoli nuovi ovvero usati acquistati da concessionari o rivenditori sammarinesi e destinati alla vendita

17 Gennaio 2025

Si allega il testo completo del Decreto Delegato nr 207 che tratta dell’imposta di trascrizione agevolata per l’immatricolazione di veicoli.

Articolo Unico
1. Gli acquisti di veicoli nuovi o usati, anche in permuta, effettuati a scopo di vendita da rivenditori o concessionari sammarinesi, presso chiunque effettuati, possono essere soggetti all’iscrizione e alla conseguente immatricolazione, anche temporanea, nel Registro Immatricolazione Veicoli dell’UO Ufficio Registro Automezzi e Trasporti. La finalità di vendita deve essere espressamente dichiarata all’atto della formalità.
2. Per le autovetture nuove o usate, che rispettino le condizioni di cui al comma 1, l’imposta di trascrizione di cui alla Tabella “A” della Legge 25 novembre 1997 n.136 e successive modifiche, come da ultimo sostituita dalla Tabella “A”, dell’Allegato “2” del Decreto Delegato 28 novembre 2013 n.161, è pari ad euro 20,00 (venti/00), nel caso in cui tale trascrizione sia effettuata da operatore economico sammarinese, che eserciti attività di commercio di veicoli.
3. Per le altre categorie di veicoli, differenti da quelli di cui al comma 2 e che rispettino le condizioni di cui al comma 1, l’imposta di trascrizione è pari ad euro 10,00 (dieci/00).
4. I veicoli, a cui si applicano le disposizioni previste dal presente articolo, non possono circolare su strada, se non per finalità di prova connesse alla vendita.

DD207-2024

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Monte Carlo cambia pelle, non più paradiso fiscale

16 Gennaio 2025

Il Sole 24 Ore 1 Dicembre 2024 di Alessandro Galimberti

Antiriciclaggio. Tra pochi giorni l’Europa giudicherà le azioni del Principato per regolarizzare il sistema finanziario: «Non siamo più off shore». Restano zero tasse e zero debito pubblico

MONTE CARLO

La grande sfida di Mareterra- la penisola che sorge dalle acque, 6 ettari di real estate strappati al Mediterraneo, immobili venduti fino a 100 mila euro al metro quadro, già sold out – è in fondo la metafora del presente del Principato di Monaco: un’enclave on-shore, di terra agganciata saldamente alla rocca con 18 enormi cassoni di cemento armato e sabbia. Dal mare alla terra, come dire, fine dell’epoca off-shore, ricomincia quella on-shore.

A pochi giorni dal termine del quinto ciclo di verifica di Moneyval, che qui tutti si augurano metta presto in soffitta il purgatorio della lista grigia – quella grey-list finanziariache rende tutte le transazioni “sospette”, e tutti i titolari di conto a «rischio medio» di riciclaggio – la vita nel Principato scorre tranquilla e apparentemente sempre uguale. Il via vai di car valet fuori dall’Hermitage, lussuoso palazzo Belle Epoque che resiste nella verticalità di Monte Carlo, alterna uomini d’affari a turisti a sette stelle, ma quasi tutto dietro l’aplomb monegasco è cambiato rispetto ai ruggenti anni d’oro, quando qui si parlava quasi solo in italiano. Oggi dei 39 mila residenti nel Principato “solo” 7.700 sono italiani («residenti veri» sottolinea uno dei consiglieri più stretti di Principe Alberto II, «quelli fittizi non esistono più»), quasi 8.500 francesi, 9 mila i monegaschi di cittadinanza. Il resto una babele di lingue e bandiere, dai mille olandesi ai pochi tedeschi, dai tanti spagnoli ai pochissimi orientali, fino alla popolosa enclave di russi con doppio passaporto (soprattutto cipriota). Oggi il Principato è una città-stato reale, viva anche in un lunedì di fine autunno, con 60mila frontalieri (10 mila dall’Italia, ma altrettanti “paisà” dalla Provenza) che ogni giorno lavorano per una comunità privilegiata, tra cantieri in modalità time-lapse, hotel, ristoranti, boutique e Casinò.

Nessuno dei 39 mila iscritti all’anagrafe paga le imposte dirette – quelle sul reddito, per intenderci – non i cittadini autoctoni e nemmeno i 30 mila a cui è stata principescamente concessa la Carte de séjour. Il prodotto interno lordo della Rocca sfiora i 9 miliardi di euro – moneta che il Principato può battere in forza di accordi con Francia, Ue e Bce, a patto di accettare, come ha accettato, regole di condotta finanziaria trasparenti – e la legge di bilancio che in queste ore l’Assemblea legislativa (24 “parlamentari”) sta discutendo sfiora i 2,4 miliardi. Il bilancio dello Stato genera storicamente eccedenze, versate al Fondo di Riserva Costituzionale (oggi vale 7 miliardi, 2,4 investiti in asset finanziari; il debito pubblico è a zero).

Senza imposte dirette, gli attivi di bilancio vengono dall’Iva (52% delle revenues statali, l’aliquota standard è del 20%), dall’imposta dei registri immobiliari e transazioni (26%), dalle tasse sui redditi commerciali (11%) e solo per il 3% dal leggendario Casinò.«Come vede la quasi totalità delle risorse dello Stato è di natura fiscale – dice a Il Sole 24Ore un alto consigliere ministeriale – ; il Principato ha un’economia basata sull’ onshore: solo le imprese che fatturano almeno il 75% a Monaco godono di un trattamento fiscale agevolato (risultato possibile di fatto solo per ristoranti, bar, hotel e negozi locali, ndr), altrimenti si applica l’aliquota francese del 25%».

Nel corso degli esami di Moneyval (l’organo del Consiglio d’Europa per antiriciclaggio e finanziamento al terrorismo), la Rocca ha ricordato che dal 1851 Monaco è nello spazio doganale francese – cioè Ue – con aliquote e controllo francesi; il sistema bancario è sotto il duplice controllo delle autorità monegasche e della Banca di Francia; la rinnovata autorità antiriciclaggio è passata da 16 a 80 dipendenti in pochi mesi, con rafforzamento dei servizi Aml anche nella Polizia, l’aumento dei magistrati dedicati all’antiriciclaggio e la nuova «sezione finanziaria» della magistratura di prossima istituzione per perseguire questo tipo di reati.

Basterà tutto questo per lasciarsi alle spalle «grigio» e pregiudizi? «Il sistema bancario oggi è impermeabile al riciclaggio – dice un alto dirigente bancario qui da 25 anni – siamo totalmente compliant, e responsabili penalmente delle miscondotte. Confidiamo che anche altri storici anelli “deboli” della catena del contante siano stati messi così bene in sicurezza».

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Il fisco punta sulle banche dati Stretta su e-commerce e cripto

16 Gennaio 2025

Il Sole 24 Ore 27 Dicembre 2024 di Marco Mobili Giovanni Parente

Lotta all’evasione. Nell’atto di indirizzo per le priorità politiche 2025 del ministro Giorgetti l’obiettivo è l’uso sempre più efficace delle informazioni. Fattura elettronica autorizzata fino al 2027

Linea dura sul contrasto alle frodi puntando sempre più su interoperabilità delle banche dati e scambi di informazioni, comprese quelle sul denaro contante e le criptovalute. Gioco d’anticipo sull’evasione potenziando gli strumenti di adempimento collaborativo con i contribuenti. Una giustizia tributaria più efficiente grazie anche agli strumenti della digitalizzazione. Nell’atto di indirizzo per la definizione delle priorità politiche per l’anno 2025 il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti fissa le direttrici lungo cui tutte le componenti dell’amministrazione si dovranno muovere, anche per completare il percorso avviato nell’ambito degli obiettivi predefiniti per il Pnrr e con l’attuazione della delega fiscale.

Il motore ruota tutto intorno alla valorizzazione e all’ottimizzazione delle informazioni disponibili e di quelle in arrivo. La dorsale informatica gestita da Sogei può contare su 199 banche dati e in cui continueranno ad affluire anche per i prossimi tre anni le fatture elettroniche tra operatori privati, dopo l’autorizzazione concessa dall’Unione europea fino al 31 dicembre 2027 (come reso noto dallo stesso ministero dell’Economia alla vigilia di Natale).

Dati che, già a consuntivo per l’anno in corso, si annunciano in aumento rispetto agli 2,4 miliardi di fatture elettroniche emesse lo scorso anno, considerando che dal 1° gennaio scorso sono obbligate anche tutte le partite Iva in flat tax senza più le deroghe concesse in passato. A migliorare e affinare questo archivio di informazioni darà una mano anche la misura inserita in manovra, ma destinata a entrare a pieno regime nel 2026, che punta a rendere obbligatorio il collegamento tra i Pos, e più in generale i terminali per i pagamenti elettronici, e i registratori di cassa, in modo da evitare il disallineamento e a ridurre forme di sottodichiarazione dei ricavi delle attività che emettono scontrini elettronici.

Non a caso tra le attività strategiche indicate nell’atto firmato dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti c’è il «contrasto dell’evasione e dell’elusione fiscale, puntando sull’interoperabilità delle banche dati, sull’analisi del rischio e, in generale, sull’efficacia dei controlli per migliorare il recupero di gettito versato spontaneamente dai contribuenti a seguito delle azioni di prevenzione e controllo anche tramite nuove misure volte a migliorare la compliance nelle transazioni che coinvolgono il consumatore finale». Pezzi di un puzzle che si tengono insieme e destinati a essere ulteriormente implementati. Perché oltre all’evasione e all’elusione le priorità indicano la prevenzione e la repressione delle frodi come un passaggio ineludibile che tutte le componenti dell’amministrazione finanziaria devono perseguire.

Se la strada è segnata, la rotta è sempre più quella di una cooperazione tra le forze in campo a livello interno e in ambito internazionale. In quest’ottica va letto il «potenziamento, sul piano europeo e internazionale, della cooperazione amministrativa e dello scambio di informazioni fiscali anche attraverso l’implementazione dello scambio di informazioni sulle transazioni in crypto asset tra giurisdizioni (in particolare, nell’ambito dell’implementazione del Crypto asset reporting framework, approvato a livello Ocse)». Insomma, al «follow the money» si aggiunge il «follow the crypto» per cercare di individuare e ricostruire i flussi con cui l’economia sommersa o peggio ancora quella criminale sfrutta le criptovalute per nascondere, occultare e poi riemergere in attività all’apparenza totalmente legali.

Il teatro delle frodi in particolar modo quelle Iva è sempre di più comunitario. Per questo tra gli indirizzi destinati alla Guardia di finanza c’è anche la partecipazione alla rete di cooperazione Eurofisc, facendo ricorso anche a strumenti per la collazione automatizzata dei dati e l’analisi del rischio, come i Transaction network analysis (Tna), ma anche a sistemi di data analysis come il Cesop (Central electronic system of payment information) per il settore dell’e-commerce. Anche in questo caso, quindi, diventa strategica la capacità di incrociare le informazioni tra transazioni effettuate e pagamenti digitali per ricostruire tutta la catena delle operazioni e scoprire in quali passaggi si annida l’evasione o peggio ancora le frodi Iva.

 

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Franchigia Iva per le attività dei piccoli in altri Paesi Ue

16 Gennaio 2025

Il Sole 24 Ore 4 Dicembre 2024 di Anna Abagnale Benedetto Santacroce

Dal 1° gennaio 2025 regime di franchigia Iva anche per le attività svolte in altri Stati Ue. Il Dlgs 180/2024, in recepimento della direttiva (UE) 2020/285 e pubblicato il 30 novembre sulla Gazzetta Ufficiale, estende l’esonero dall’Iva ai piccoli contribuenti che compiono cessioni di beni e/o prestazioni di servizi territorialmente rilevanti in altri Stati Ue.

La novella normativa si compone sostanzialmente in due parti, tra loro speculari (anche se non del tutto): i) la disciplina del regime di franchigia applicato in Italia al «soggetto passivo persona fisica» stabilito in altro Stato Ue; ii) la disciplina del regime di franchigia applicato in altri Stati Ue al «soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato».

La peculiarità che salta subito all’occhio è che il nostro ordinamento consente il regime di esonero, e le connesse semplificazioni, ai contribuenti con fatturato annuo nazionale non superiore a 85mila euro, e non superiore a 100mila euro in tutti gli Stati membri, solo se persone fisiche. Mentre, la norma unionale fa riferimento alle piccole e medie imprese (Pmi) come qualsiasi persona considerata soggetto passivo ai fini Iva, indipendentemente dalla forma giuridica (lavoratore autonomo, libero professionista, start-up, società di capitali, persona fisica che svolge un’attività economica eccetera).

Al netto di tale osservazione, la nuova norma è particolarmente rilevante in termini di parità di trattamento, in quanto consente a un soggetto non stabilito di beneficiare del regime di franchigia in uno Stato Ue, che ha introdotto tale regime, alle medesime condizioni previste per i soggetti stabiliti nel medesimo Stato di esenzione.

Il regime speciale Pmi non vale, invece, per gli operatori extraUe, anche se operano attraverso una stabile organizzazione all’interno dell’Unione.

Un’altra limitazione nell’applicazione del regime riguarda il piano oggettivo: non si applica alle cessioni di mezzi di trasporto nuovi spediti/trasportati in altro Stato Ue e ad altre operazioni escluse dallo Stato membro di esenzione.

Dunque, rispettate le condizioni di accesso, una Pmi italiana per poter operare in regime di franchigia transfrontaliero, deve darne previa comunicazione all’agenzia delle Entrate , indicando, tra l’altro, il proprio numero di partita Iva con il suffisso EX, non essendo necessaria alcuna autorizzazione dello Stato membro Ue in cui l’impresa opera in esenzione. La Pmi, ammessa al regime, entro l’ultimo giorno del mese successivo a ogni trimestre, dovrà presentare una relazione trimestrale unica in cui comunica all’Agenzia: i) il valore totale delle operazioni effettuate nel corso del trimestre; ii) il valore totale delle operazioni effettuate nel trimestre in ciascuno altro Stato Ue, compresi gli Stati diversi da quelli di esenzione. La comunicazione va presentata anche in assenza di operazioni. Ogni ulteriore variazione – come il superamento delle soglie, la volontà di non avvalersi più del regime, etc. – va comunicata all’Agenzia.

Particolare attenzione va prestata in riferimento al calcolo del volume d’affari, al fine del monitoraggio delle soglie.

Il criterio di calcolo della soglia del regime forfettario domestico (articolo 1, commi 54 e seguenti, della legge 190/2014) non coincide, infatti, con quello previsto per il regime di franchigia Iva transfrontaliero sotto un profilo oggettivo e temporale. Sicché, i forfettari italiani continuano a determinare la soglia secondo le regole interne (criterio per cassa ed inclusione nel volume d’affari delle operazioni esenti e non rilevanti); mentre, per determinare la soglia d’accesso al regime di franchigia Iva in altro Stato Ue, occorrerà far riferimento al criterio di calcolo del volume d’affari previsto dalla direttiva (effettuazione dell’operazione ed esclusione dalle cessioni di beni d’investimento e delle operazioni esenti).

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Scadenziario Gennaio 2025

7 Gennaio 2025

entro il 20 Gennaio

  • Scade il termine per il pagamento dei contributi previdenziali /assistenziali I.S.S. e F.S.S. e FONDISS per lavoratori dipendenti relativi al mese di DICEMBRE e TREDICESIMA 2024.

entro il 31 Gennaio

  • Scade il termine per il pagamento dell’imposta complementare del 3% sui servizi resi a privati nel periodo 01/07/2024 -31/12/2024;
  • Scade il termine per versamento degli importi relativi alla gestione separata e FONDISS per gli amministratori, presidenti  CdA, Amministratori delegati, CO.CO.PRO e soci lavoratori di cui alla Legge 158 del 05/10/2011 art. 4 e succ mod.  (si veda l’art. 4 Decreto Delegato nr 199 del 29/12/2023)

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Sulla residenza la linea sottile di direzione e gestione

12 Dicembre 2024

Il Sole 24 Ore  – Nt Plus- 7 Novembre 2024  di Eugenio Della Valle

Reddito d’impresa

Ci sono almeno un paio di spunti sul tema della residenza fiscale delle società che possono essere rinvenuti nelle istruzioni operative contenute nella circolare 20/E/2024.

Il decreto delegato

Con il Dlgs 209/2023 (attuativo della delega fiscale) sia per le società di persone che per quelle di capitali, accanto al criterio formale della sede legale, onde stabilire se hanno o meno la residenza fiscale italiana, sono stati introdotti i criteri sostanziali della sede di direzione effettiva e della gestione ordinaria in via principale; il primo definito come il luogo della «continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società o l’ente nel suo complesso», e il secondo quello del «continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti la società o l’ente nel suo complesso» (articoli 5 e 73 del Tuir). Ciò, secondo quanto prevede la delega, per rendere coerente la disciplina domestica in punto di residenza fiscale degli enti con la migliore prassi internazionale e con i trattati contro le doppie imposizioni, coordinando la disciplina medesima con quella della stabile organizzazione.

Orbene, in disparte la valutazione circa l’effettiva realizzazione dell’obiettivo di cui alla delega – vi è in effetti chi rileva come, nonostante la modifica, il quadro sul piano interpretativo concernente la residenza fiscale delle società permanga comunque confuso in ragione della disorganicità del contesto internazionale – una prospettiva interessante per testare i nuovi criteri, senza considerare qui i profili convenzionali, è quella che coinvolge il ruolo dell’attività di direzione e coordinamento e in generale i gruppi.

Direzione e coordinamento

Quanto all’attività di direzione e coordinamento, si tratta dell’attività, svolta dalla capogruppo o da altra società a ciò deputata, che inerisce all’organizzazione ed al funzionamento delle attività del gruppo; implica la sottoposizione dei diversi partecipanti al gruppo ad una unità di indirizzo, la cui vincolatività è affidata a relazioni di natura funzionale, che si sviluppa in termini di accentramento e/o coordinamento di uno o più settori di attività e/o funzioni aziendali.

Il nostro ordinamento, che a determinati fini definisce anche giuridicamente il gruppo, ne recepisce in linea di principio la fenomenologia economica, determinando le conseguenze della attività di direzione e coordinamento svolta da una società o ente nei confronti di un’altra società: in particolare, riconduce all’esercizio di attività di direzione e coordinamento taluni effetti, quali, ad esempio, la pubblicità nei confronti dei terzi e (soprattutto) la responsabilità nel caso di esercizio abusivo (articoli 2497 e successivi del Codice civile).

Proprio la regolamentazione circa l’esercizio abusivo dell’attività di direzione e coordinamento evidenzia come il condizionamento, da parte della capogruppo, delle scelte delle consociate sia un fenomeno affatto lecito.

Le subsidiary

Il tema è allora quello dei relativi confini rispetto all’«alta gestione», solo quest’ultima integrante gli estremi della sede di direzione effettiva, appunto uno dei due criteri sostanziali di nuovo conio cui è affidata la residenza fiscale italiana.

Sul punto la circolare, sulla scia della relazione illustrativa che accompagna il Dlgs 209/2023, secondo cui «ai fini della direzione effettiva, non rilevano le decisioni diverse da quelle aventi contenuto di gestione assunte dai soci né le attività di supervisione e l’eventuale attività di monitoraggio della gestione da parte degli stessi», si esprime chiaramente nel senso che «le decisioni assunte dai soci non rilevano per individuare la sede di direzione effettiva, fatta eccezione per quelle aventi contenuto gestorio»: insomma l’attività di direzione e coordinamento, almeno di regola, non dovrebbe rilevare onde attrarre la residenza fiscale delle subisdiary nella giurisdizione del socio di controllo.

Affermazione del tutto condivisibile benché la linea che separa le normali direttive e raccomandazioni del socio di controllo che non usurpano il ruolo dell’organo amministrativo e l’effettiva ingerenza gestoria del socio in questione è talvolta sottilissima e si fa via via evanescente al decrescere delle dimensioni organizzative dell’ente. Senza poi considerare che anche l’individuazione, all’interno dell’ente, di chi siano i soggetti cui è affidata l’alta gestione dipende dal modello di corporate governance in concreto volta a volta adottato (anche alla luce dell’atto costitutivo, dello statuto e di eventuali patti parasociali), tenendo conto delle singole deleghe nonché delle relative modalità di esercizio.

Ed ancora quanto alla possibile ingerenza gestoria del socio, la presenza di professionisti e trust companies ovviamente non la può escludere a priori, dovendosi valutare a tal fine la regolamentazione contrattuale del rapporto con il socio (incluse eventuali clausole di manleva) in una alla sua effettiva esecuzione.

La gestione ordinaria

Quanto al secondo criterio sostanziale cui si è fatto sopra riferimento ossia quello della gestione ordinaria in via principale ossia il luogo del «continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti la società o l’ente nel suo complesso», criterio che, a differenza di quello dianzi trattato, si evidenzia in dottrina, riguarda non già il momento volitivo dell’attività sociale, bensì quello meramente esecutivo del day to day management dell’ente, la circolare lo associa al «luogo in cui si esplicano il normale funzionamento della società e gli adempimenti che attengono all’ordinaria amministrazione della stessa»; e ciò prendendo atto che «i fattori di determinazione della gestione ordinaria variano a seconda della conformazione della struttura imprenditoriale, dell’attività caratteristica, nonché dell’organizzazione del complesso aziendale della società o dell’ente».

I servizi a basso valore aggiunto

In tale prospettiva un tema di grande attualità è quello della rilevanza, nei gruppi multinazionali, dei diversi servizi a basso valore aggiunto, si pensi all’assistenza legale, contabile e fiscale, ai servizi di tesoreria, di marketing, It, payroll, eccetera, spesso forniti alle diverse consociate vuoi dalla capogruppo, vuoi dalla consociata a ciò incaricata.

Il complesso di servizi di tal genere può evidentemente assorbire una gran parte del perimetro dell’attività gestoria che caratterizza il day to day management dell’ente, con il rischio che, sulla base di un esame caso per caso, la residenza fiscale del fruitore dei servizi in questione, seppur dotato di una sua “sostanza” organizzativa, possa essere attratta nello Stato del prestatore.

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Residenza persone fisiche: interessi familiari decisivi

12 Dicembre 2024

Il Sole 24 Ore 5 Novembre 2024 di Michela Folli e Marco Piazza

Le modifiche normative alla definizione di residenza fiscale perseguono l’obiettivo di garantire maggiore certezza giuridica e di ridurre i contenziosi. Così afferma la circolare 20/E del 2024 che illustra in modo approfondito le novità introdotte dal Dlgs 209/2023 sia per le persone fisiche (articolo 2 del Tuir) sia per le persone giuridiche (articolo 73, comma 3 del Tuir), per cui si rinvia alla pagina precedente.

Dal 1° gennaio 2024, per stabilire se la persona fisica abbia residenza fiscale in Italia si deve accertare se, per la maggior parte del periodo d’imposta (183 giorni o 184 negli anni bisestili), essa abbia avuto in Italia:

la residenza civilistica, ossia la dimora abituale, criterio invariato rispetto al passato;

o il domicilio, definito innovativamente come «il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari».

o la presenza fisica, tenuto conto anche delle frazioni di giorno;

o l’iscrizione anagrafica, che però diviene «presunzione semplice» anziché legale.

Il criterio della residenza in senso civilistico è rimasto invariato rispetto al passato. Rilevano sia il profilo oggettivo (permanenza apprezzabile in Italia), sia quello soggettivo (intenzione di abitarvi stabilmente).

Per valutare il nuovo concetto di «domicilio», contano le relazioni familiari, personali (ad esempio convivenza) e sociali (ad esempio iscrizione a circoli culturali o sportivi). In passato invece era necessario, secondo la giurisprudenza, una valutazione globale di tutti gli elementi di fatto rilevanti, sia personali che patrimoniali. Sono comunque lasciate aperte le valutazioni caso per caso in presenza di condotte che manifestino la volontà di mantenere un «legame effettivo» con il territorio italiano. Viene fatto l’esempio di chi, essendosi iscritto all’Aire e avendo cominciato a lavorare all’estero, mantenga a propria disposizione una casa in Italia, con le relative utenze, per trascorrervi i fine settimana o le vacanze. Questa a dire il vero è una casistica frequente, che dovrà essere gestita mediante applicazione delle tie break rules convenzionali.

Nei casi in cui l’individuazione dello Stato in cui si concentrano le relazioni personali e familiari non sia immediata e il contribuente non sia presente in Italia per la maggior parte del periodo d’imposta, può essere utile, secondo l’Agenzia, accertare lo Stato in cui la persona permane prevalentemente.

Quanto al concetto di frazione di giorno per il computo della presenza fisica, è confermato che anche una sola ora passata nel territorio dello Stato equivale a giornata intera. La circolare lascia però un’apertura alla valutazione di particolari situazioni di presenza in Italia meramente temporanea, come può avvenire, ad esempio, in ipotesi di scalo aereo dovuto ad una coincidenza per recarsi in un Paese estero.

È confermato che in caso di smart working, il contribuente è residente nel luogo in cui si verificano i requisiti di residenza, domicilio e permanenza a prescindere dalla residenza del datore di lavoro o committente.

Poiché l’introduzione del concetto di frazione di giorno rischia di attrarre alla residenza italiana i frontalieri esteri che vengono a lavorare nel territorio dello Stato, la circolare mette in evidenza come il conseguente fenomeno di doppia residenza fiscale possa essere risolto attraverso le convenzioni contro le doppie imposizioni.

Viene ricordato che i trattati con Germania, Svizzera e Panama prevedono il frazionamento del periodo d’imposta in caso di trasferimento del domicilio in corso d’anno (cosiddetto «split year») ma solo quando emerga un conflitto di residenza.

Invariata la presunzione «relativa» di residenza in Italia per i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferitisi in Stati black list.

Le nuove norme si applicano dal periodo d’imposta 2024 e non per i precedenti. Questa precisazione è molto importante per la verifica dei requisiti di spettanza dei regimi agevolati per i neoresidenti, i pensionati e i lavoratori impatriati che si siano trasferiti in Italia nel 2024, perché la mancata residenza fiscale nei periodi d’imposta precedenti deve essere verificata con le regole previgenti. Ciò significa che per i trasferimenti di residenza successivi al 2024 concorreranno i due criteri.

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Eredità internazionali, la residenza abituale detta tutte le regole

12 Dicembre 2024

Il Sole 24 Ore 4 Novembre 2024 –  L’Esperto Risponde di Vincenzo Pappa Monteforte

SUCCESSIONI E DONAZIONI

Perimetro. La successione è disciplinata dalle norme civilistiche e fiscali del Paese dove il defunto ha vissuto. Si punta a evitare una doppia imposizione

Mio zio, cittadino italiano, celibe e senza figli, vive da diversi anni all’estero e non vuole rientrare in Italia. È proprietario di una serie di immobili, sia in Italia che all’estero. Come sarà regolata la sua successione? La legge italiana prevale?

Sempre più, in un mondo contrassegnato da elementi di internazionalità, è facile imbattersi in problematiche civilistico-fiscali di rilievo transnazionale. Ad esempio, in ambito successorio, quando il defunto, gli aventi causa o i beni presentano “connotazioni straniere”.

La disciplina civilistica

La regola generale per le successioni transfrontaliere è dettata dal Regolamento europeo 650/2012, in vigore dal 17 agosto 2015, che prevede quale principio cardine per individuare la legge applicabile alla successione, sotto il profilo civilistico, quello della “residenza abituale” del defunto al momento della morte (articolo 21).

Quindi, se il defunto aveva “residenza abituale” in Italia – indipendentemente dalla cittadinanza – con eredi e/o beni stranieri, si applicheranno le disposizioni del nostro Codice civile, che disciplineranno – tra l’altro – le modalità di redazione del testamento e la quota di successione necessaria in presenza di legittimari.

È da precisare che il testo di legge – applicabile anche agli Stati extra Ue, salvo eccezioni – non fornisce una definizione di “residenza abituale”, che potrebbe essere diversa da quella anagrafica. Non a caso – come ricorda, tra l’altro, il considerando numero 23 del Regolamento UE – essa impone «una valutazione globale delle circostanze della vita del defunto negli anni precedenti la morte e al momento della morte, che tenga conto di tutti gli elementi fattuali pertinenti, in particolare la durata e la regolarità del soggiorno del defunto nello Stato interessato, nonché le condizioni e le ragioni dello stesso». Particolare significato assume l’opzione di cui all’articolo 22 del citato Regolamento europeo 650/2012: il de cuius può, tramite una disposizione a causa di morte, scegliere la lex patriae, quale legge regolatrice della propria successione.

“Residenza abituale”

Il criterio della “residenza abituale” ha sostituito quello tradizionale della cittadinanza del defunto, fissato dall’articolo 46 della legge 218/1995 («la successione per causa di morte è regolata dalla legge nazionale del soggetto della cui eredità si tratta, al momento della morte»).

La disciplina tributaria

La regola base è contenuta nell’articolo 2, Dlgs 346/1990, che fissa i criteri di collegamento territoriale per l’imposta sulle successioni.

Come precisato al primo comma, nell’ipotesi di “residenza” in Italia del de cuius, l’imposta è dovuta in relazione a tutti i beni e i diritti trasferiti mortis causa, ovunque risultino situati (cosiddetto principio dell’imposizione globale).

Qualora, invece, il de cuius risieda all’estero al momento dell’apertura della successione, l’imposta è dovuta limitatamente ai beni e ai diritti esistenti sul territorio italiano (cosiddetto principio della territorialità: articolo 2, comma 2).

Doppia imposizione?

Esistono, per le richiamate fattispecie tributarie, i meccanismi individuati dall’articolo 26, Dlgs 346/1990, volti ad eliminare la doppia imposizione in ambito successorio, grazie alla detrazione delle imposte pagate per la stessa successione ad uno Stato estero, relativamente ai beni ivi esistenti, sulla base di convenzioni internazionali, oppure – in assenza di queste ultime – del credito di imposta previsto dalla legge italiana (per il de cuius residente in Italia, titolare di beni situati all’estero, assoggettati ad imposizione nell’altro Stato).

Le convenzioni esistenti

L’Italia ha concluso solo sette trattati in materia di imposta di successione con Stati Uniti, Svezia, Grecia, Regno Unito, Danimarca, Israele e Francia (quest’ultima concernente anche l’imposta di donazione).

GLOSSARIO

  • Residenza abituale

La “residenza abituale” non sempre coincide con quella anagrafica. Per determinarla, è necessaria una valutazione globale delle circostanze della vita del defunto negli anni precedenti la morte e al momento della morte, che tenga conto di tutti gli elementi fattuali pertinenti, in particolare la durata e la regolarità del soggiorno del defunto nello Stato interessato, nonché le condizioni e le ragioni dello stesso.

  • Principio dell’«imposizione globale»

La regola si applica, sotto il profilo tributario, nell’ipotesi di “residenza” in Italia del de cuius: l’imposta è dovuta in relazione a tutti i beni e i diritti trasferiti mortis causa, ovunque risultino situati.

  • Principio della «territorialità»

Trova attuazione quando il de cuius risiedeva all’estero al momento dell’apertura della successione. In questo caso, l’imposta di successione è dovuta limitatamente ai beni e ai diritti esistenti sul territorio italiano.

  • Dichiarazione di successione telematica

Dal 1° gennaio 2019 è obbligatorio l’utilizzo del nuovo modello di dichiarazione di successione on line, che deve essere, poi, inviato esclusivamente in via telematica.

Il modello della dichiarazione di successione telematica contiene una casella sul frontespizio, da barrare nelle ipotesi di vigenza per la successione di altra legge rilevante sotto l’aspetto civilistico.

 

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Decreto Delegato 21 novembre 2024 nr 177 – Modifiche alla Legge 29 06 2010 nr 118 e succ. mod. “Legge sull’ingresso e la permanenza degli stranieri in Repubblica”

12 Dicembre 2024

Il Decreto Delegato nr 177 ha ristretto i requisiti per accedere al regime di residenza atipica dei  pensionati che prevede un’imposta sostitutiva del 6% per 10 anni  rinnovabile, fattispecie interessante per i pensionati che alla ricerca di vantaggi fiscali, sebbene ora con requisiti più stringenti in quanto sono stati aggiornati i requisiti reddituali di accesso livellati verso l’alto.

I richiedenti dovranno dimostrare:

  • un reddito annuale non inferiore a 120.000 euro lordi oppure
  • un patrimonio mobiliare minimo di 500.000 euro.
Prima di questa modifica il reddito annuale era fissato a 50.000 € o superiore ed il patrimonio mobiliare a 300.000 € o superiore.
Inoltre, il Decreto specifica che non saranno accettate richieste basate sulla condivisione di un’abitazione con persone al di fuori del proprio nucleo familiare o con le quali non si abbia una relazione assimilabile alla convivenza. È invece richiesto, com’è avvenuto fino ad ora, un impegno formale come un preliminare d’acquisto o di affitto di un immobile, subordinato alla concessione della residenza.

Queste modifiche aventi un orientamento più selettivo sono già entrate in vigore a partire dal 1° dicembre 2024.

DD177-2024

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Decreto Delegato 2 dicembre2024 nr 190 – Regolamentazione dei flussi di migrazione per motivi di lavoro e per esigenze straordinarie per l’anno 2025

12 Dicembre 2024

Come ogni anno viene fissato  con Decreto Delegato il numero massimo di permessi di soggiorno rilasciati per lavoro e per esigenze straordinarie per l’anno a venire.

Il numero massimo di permessi di soggiorno stagionali per motivi di lavoro, è di 275

Il numero massimo di permessi di soggiorno temporanei per motivi di lavoro è di 665

Il numero massimo di permessi di soggiorno speciale per infermieri in servizio presso l’Ospedale di Stato è di 45, per docenti universitari presso l’Università degli Studi di San Marino è di 25. Il numero massimo di permessi di soggiorno per programmi vacanza/lavoro è di 1.125. Il numero massimo di permessi di soggiorno per imprenditori di cui all’articolo 10- ter della Legge n.118/2020 e successive modifiche è di 120; per i dipendenti di Imprese ad alto contenuto tecnologico invece è di 30. Infine i per dipendenti e giocatori di Imprese Esportive e di permessi di soggiorno speciali per motivi Esportivi è di 50.

Si allega per tutti gli interessati il testo completo.

DD190-2024

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