Categoria: In primo piano
L’azienda chiusa per lockdown può non pagare l’affitto
13 Luglio 2020
Il Sole 24 Ore lunedì 15 Giugno 2020 di Antonino Porracciolo
IMMOBILI
Escluso l’inadempimento colpevole se si è stati colpiti dalle norme emergenziali
Il fermo dell’attività d’impresa dovuto alla decretazione d’urgenza emanata per evitare la diffusione del Covid-19 esclude l’inadempimento colpevole delle aziende che, a causa del blocco, non hanno potuto eseguire le prestazioni dovute. È quanto può leggersi in filigrana in due recenti decreti dei tribunali di Bologna (giudice Marco Gattuso) e di Rimini (giudice Silvia Rossi), rispettivamente del 12 e del 25 maggio.
Entrambe le controversie sono state promosse dalle conduttrici di immobili adibiti a uso commerciale per ottenere, in base all’articolo 700 del Codice di procedura civile, una pronuncia d’urgenza che inibisse alle società locatrici di mettere all’incasso gli assegni detenuti a garanzia del pagamento dei canoni delle locazioni.
Le ricorrenti (difese dallo studio legale Angelini e Balzi) hanno puntato sul fatto che l’articolo 3, comma 6-bis, del decreto legge 6/2020 (convertito nella legge 13/2020) dispone che il rispetto delle misure di contenimento dirette a evitare il diffondersi del Covid-19 «è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 del Codice civile, della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti». Dunque, secondo le conduttrici, la norma esclude, per tutta la durata del lockdown, l’inadempimento nel pagamento dei canoni dovuti dalle imprese coinvolte nel blocco dell’attività. Blocco che si era verificato nelle vicende in esame, giacché un immobile era adibito a centro fitness ed estetica, mentre l’altro ospitava una struttura alberghiera.
Nell’accogliere provvisoriamente, con provvedimento pronunciato prima della convocazione delle parti (articolo 669-sexies, comma 2, del Codice di procedura civile), le richieste delle ricorrenti, i giudici danno atto che queste ultime avevano esposto di aver sospeso la propria attività a causa delle misure restrittive emanate per contrastare la diffusione del Covid-19; rilevano quindi che le stesse conduttrici avevano emesso assegni postdatati a garanzia dell’obbligazione di pagamento dei canoni.
In particolare, il giudice di Rimini afferma che sussiste il «fumus boni iuris» della pretesa della ricorrente (cioè la verosimile fondatezza del diritto) «alla luce delle disposizioni emergenziali e della situazione di fatto in cui si trova ora a operare l’attività di ricezione turistica». Inoltre, l’incasso degli assegni potrebbe provocare alle imprenditrici un pregiudizio irreparabile, giacché dal mancato pagamento dei titoli segue la segnalazione alla Centrale d’allarme interbancaria (Cai), e quindi la revoca di ogni autorizzazione a emettere assegni e il conseguente divieto per qualunque banca e ufficio postale di stipulare nuove convenzioni di assegno con il traente.
Così i tribunali hanno ordinato alle società locatrici di non mettere all’incasso gli assegni bancari detenuti a titolo di garanzia. In entrambi i procedimenti è stata quindi fissata l’udienza per la conferma, modifica o revoca del decreto (in base al comma 2 dell’articolo 669-sexies): al Tribunale di Rimini l’udienza si terrà da remoto, mentre a Bologna con il deposito di note scritte.
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Applicare i protocolli anti-Covid tutela il datore sui contagi
13 Luglio 2020
Il Sole 24 Ore 15 Giugno 2020 di Gabriele Taddia
I NODI DELLA RIPRESA SICUREZZA
L’articolo 29-bis inserito nel Dl Liquidità dà più peso al rispetto delle prescrizioni
L’obbligo di protezione dei lavoratori si assolve con le misure concordate
Con la conversione in legge del Dl 23/2020, il legislatore ha tentato di fornire una pur limitata risposta alle pressanti richieste delle imprese, di assicurare una qualche forma di tutela ai datori di lavoro rispetto al rischio di subire imputazioni penali o richieste risarcitorie da parte dei lavoratori a causa del contagio da Coronavirus, stante l’estrema difficoltà, soprattutto nella prima fase della diffusione del contagio, di fare riferimento a misure specifiche per i luoghi di lavoro e comunque nella grande difficoltà di stabilire se un lavoratore avesse subito il contagio effettivamente sul posto di lavoro, a causa di carenze organizzative dell’azienda, oppure altrove.
Ad alimentare le preoccupazioni datoriali aveva contribuito la disposizione dell’articolo 42 del Dl 18 del 17 marzo (il cura Italia): nei casi accertati (anche in base a presunzioni semplici) di infezioni da Coronavirus in occasione di lavoro, questi eventi sono da qualificare come infortuni sul lavoro.
La circolare Inail del 20 maggio aveva cercato di portare chiarezza sul punto, senza tuttavia fugare i legittimi timori di parte datoriale.
Con l’articolo 29-bis della legge di conversione del Dl 23/2020, pur non prevedendo una norma di salvaguardia penale di carattere generale, il legislatore ha affermato un principio importante in chiave di tutela del datore di lavoro: ai fini della tutela contro il rischio di contagio da Covid-19, i datori di lavoro adempiono all’obbligo di garantire la sicurezza dei lavoratori previsto dall’articolo 2087 del Codice civile mediante l’applicazione delle prescrizioni contenute nel protocollo condiviso sottoscritto il 24 aprile 2020, e negli altri protocolli previsti all’articolo 1, comma 14, del Dl 33 del 16 maggio 2020, nonché tramite l’adozione e il mantenimento delle misure qui previste.
Se non trovano applicazione queste prescrizioni, rilevano le misure contenute nei protocolli o negli accordi di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali.
La previsione è importante perché l’articolo 2087 del Codice civile è una norma di chiusura del sistema prevenzionistico, in base alla quale l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro, senza tuttavia specificare quali misure devono concretamente essere adottate. Questa norma è spesso utilizzata anche in campo penale per contestare l’eventuale carenza del sistema prevenzionistico adottato dal datore di lavoro.
Ora il legislatore, in relazione al rischio contagio Covid, per la prima volta statuisce che lo strumento attraverso il quale il datore di lavoro può dimostrare di aver adempiuto al proprio obbligo di tutelare i lavoratori, è rappresentato dall’adozione e dall’efficace mantenimento delle misure previste in primo luogo nel Protocollo Condiviso del 24 aprile, nonché nei protocolli di filiera (ad esempio edilizia, logistica, trasporti), nonché nei protocolli e nelle linee guida adottate dalle singole regioni o dalla Conferenza Stato-Regioni (o dalle Province autonome). Dunque, non si tratta una clausola di piena salvaguardia, ma di una disposizione sicuramente di grandissimo impatto anche sul piano della tutela penale poiché il datore di lavoro, in caso di contestazione, potrà contrapporre all’eventuale imputazione o richiesta risarcitoria la dimostrazione di aver adottato e applicato in modo rigoroso i protocolli previsti.
L’adozione dei protocolli è peraltro stata posta alla base della riapertura o della prosecuzione di alcune attività, da parte del Dpcm 26 aprile 2020, nel quale sono stati previsti come allegati il Protocollo di carattere generale del 24 aprile 2020 e le linee guida per cantieri, trasporti e logistica e trasporto pubblico. Mentre i protocolli per diverse attività che hanno ricevuto il via libera successivamente sono stati predisposti con indicazioni specifiche anche su base regionale (ristorazione, acconciatura–estetica, balneazione, strutture ricettive e molte altre). Infine, il Dl 33/2020 ha ribadito che il mancato rispetto dei contenuti dei protocolli determina la sospensione dell’attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza.
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Le «bugie» al notaio in sede di contratto integrano il reato di falso ideologico
13 Luglio 2020
Il Sole 24 Ore 22 Giugno 2020 di Angelo Busani
Contratti
Non si scherza con le dichiarazioni da rendere nel contesto di un contratto stipulato in uno studio notarile: infatti, integra il reato di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico (punito con la reclusione fino a due anni dall’articolo 483 del Codice penale) la condotta del venditore (o del donante) di un contratto di compravendita o di donazione immobiliare, che dichiari falsamente al notaio rogante «la conformità dell’immobile oggetto di alienazione alle caratteristiche previste dalla concessione» rilasciata per la sua edificazione. Lo sancisce la Cassazione penale nella sentenza nr 16982 del 4 Giugno 2020, ribadendo un principio già in precedenza espresso nelle sentenze nr 11628/2011 e nr 5178/2017.
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Decreto Legge nr 102 del 15 Giugno 2020 – Ulteriori disposizioni per un graduale allentamento delle misure restrittive conseguenti all’emergenza sanitaria da COVID-19 ed interventi in ambito economico
13 Luglio 2020
Si allega il testo completo del D.L.102-2020
segnalando gli articoli di maggior interesse:
Art. 1: a partire dal 15 giugno sono consentite le manifestazioni, i convegni, attività di sale giochi e scommesse nel rispetto dei presidi igienico-sanitari.
Art. 2: prevede modifiche dell’allegato 2 del Decreto Legge 96/2020 che consentono un allentamento delle misure igienico-sanitarie. Sono previste modifiche per i seguenti settori: servizi alla persona, attività di ristorazione e bar, strutture ricettive, attività motoria e sportiva.
Art. 3: modifica l’allegato 3 del Decreto Legge 96/2020, in particolare in riferimento alle misure igienico-sanitarie relative all’attività di consegna a domicilio.
Art. 4: modifica l’allegato 6 del Decreto Legge 96/2020, in particolare in riferimento alla sanificazione e igienizzazione degli ambienti.
Art. 5: abroga la necessità di autodichiarare l’appartenenza al medesimo nucleo famigliare per poter usufruire dei servizi di ristorazione senza distanza interpersonale.
Art. 6: abroga le disposizioni precedenti relative alle vendite promozionali. Stabilisce la possibilità di effettuare vendite promozionali per tutto l’anno 2020 in ogni periodo dell’anno e alla percentuale decisa dall’esercente senza preventiva comunicazione all’UAE. Il periodo di saldi (vendite di fine stagione) per l’anno 2020 viene anticipato al 18 luglio fino al 1 settembre.
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Circolare nr 1/2020 Ufficio Tributario – Dichiarazione dei redditi 2019
9 Giugno 2020
Si allega la Circolare dell’Ufficio Tributario del 29 Maggio 2020 emanata a chiarimento delle Dichiarazioni dei Redditi delle persone fisiche e delle persone giuridiche relative al periodo d’imposta 2019.
Si ricorda che per entrambe la scadenza è prorogata in via straordinaria al 31 Agosto 2020 data entro la quale andrà versato anche eventuale conguaglio.
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L’azienda non può imporre il test sierologico al lavoratore
9 Giugno 2020
Il Sole 24 Ore 15 MAGGIO 2020 di Antonello Cherchi
VIRUS E RIPRESA PRIVACY
Il Garante: gli esami possono essere richiesti solo dal medico
L’azienda può conoscere solo la valutazione di idoneità alla mansione
Il datore di lavoro può offrire ai propri dipendenti, anche sostenendone in parte i costi, l’opportunità di effettuare i test sierologici, ma non può imporli. L’accertamento sanitario deve essere una scelta del dipendente oppure deve essere il medico a chiederlo. L’indicazione arriva dal Garante della privacy ed è particolarmente utile in un momento di riapertura delle attività produttive. Il chiarimento è stato fornito dall’Autorità sotto forma di Faq, delucidazione che si va ad aggiungere a quelle che il Garante aveva già dato qualche settimana fa (si veda Il Sole 24 Ore di lunedì 4 maggio).
Già in quell’occasione l’Authority aveva affrontato il problema del trattamento delle informazioni sanitarie dei dipendenti, sottolineando che non era consentita la registrazione del dato sulla temperatura corporea rilevata al lavoratore, ma solo del superamento della soglia prevista dalla normativa (37,5) che vieta l’ingresso al luogo di lavoro. Altro argomento affrontato era stato quello sulla possibilità, da parte del datore di lavoro, di comunicare al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza l’identità dei dipendenti contagiati dal virus. Un dato che, secondo il Garante, il rappresentante per la sicurezza non è tenuto a conoscere.
Il progressivo rientro al lavoro delle persone apre, però, continuamente nuovi scenari e origina nuovi interrogativi. Da qui il nuovo quesito sui test sierologici, rispetto al quale il Garante ha specificato che quel tipo di accertamento è possibile solo quando è disposto «dal medico competente e, in ogni caso, nel rispetto delle indicazioni fornite dalle autorità sanitarie, anche in merito all’affidabilità e all’appropriatezza» dei test.
La richiesta non può, pertanto, partire dal datore di lavoro. «Solo il medico del lavoro infatti, nell’ambito della sorveglianza sanitaria, può stabilire la necessità di particolari esami clinici e biologici. E sempre il medico competente – chiarisce il Garante – può suggerire l’adozione di mezzi diagnostici, quando li ritenga utili al fine del contenimento della diffusione del virus, nel rispetto delle indicazioni fornite dalle autorità sanitarie».
C’è, poi, un altro problema: una volta effettuato il test prescritto dal medico, il datore di lavoro può trattare le informazioni relative alla diagnosi o all’anamnesi familiare del dipendente? Anche in questo caso la risposta è negativa. Ciò che il datore di lavoro deve fare è gestire l’esito sul giudizio di idoneità del dipendente alla mansione svolta e alle eventuali prescrizioni o limitazioni che il medico competente può stabilire.
Fermo restando che «le visite e gli accertamenti, anche ai fini della valutazione della riammissione al lavoro del dipendente, devono essere posti in essere dal medico competente o da altro personale sanitario».
Detto questo, i lavoratori possono liberamente aderire alle campagne di screening avviate dalle autorità sanitarie a livello regionale relative ai test sierologici per verificare i contagi. E questo anche nel caso siano venuti a conoscenza della campagna di accertamento attraverso l’azienda, che può essere stata coinvolta dal dipartimento di prevenzione locale per promuovere gli screening tra i propri dipendenti.
Inoltre, i datori di lavoro possono offrire ai propri dipendenti, anche sostenendone in tutto o in parte i costi, l’effettuazione di test sierologici presso strutture sanitarie pubbliche e private (per esempio attraverso la stipula o l’integrazione di polizze sanitarie o mediante apposite convenzioni con le strutture ). Anche in questo caso, però, vale la regola della libera scelta del lavoratore e si conferma l’impossibilità per l’azienda di conoscere l’esito dell’esame.
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La Ue mette all’angolo i sei paradisi fiscali europei
9 Giugno 2020
Il Sole 24 Ore 21 maggio 2020 di Roberto Galullo e Angelo Mincuzzi
Raccomandazioni. Il commissario all’Economia, Paolo Gentiloni: «Non può esserci spazio per pianificazioni aggressive nell’Europa della solidarietà e dell’equità»
In Lussemburgo la quantità di società per numero di abitanti è da Guinness dei primati: una ogni 4,6 cittadini del Granducato. In Olanda ce n’è una ogni 7,4 abitanti e sono attive 55 società per ogni chilometro quadrato, spiagge e corsi d’acqua compresi. Per fare un paragone, in Italia sono solo 20 ogni mille metri quadrati e in Germania appena dieci.
Sembrano distorsioni senza conseguenze ma ogni anno – insieme a quelle che si verificano in Irlanda – provocano un danno di almeno 70 miliardi di euro alle entrate fiscali degli altri Paesi dell’Unione europea. «Alcuni elementi nei sistemi fiscali di alcuni Stati Ue sono ancora usati dalle aziende per fare pianificazioni aggressive. Non può esserci spazio per simili pratiche nell’Europa della solidarietà e dell’equità», ha rimarcato ieri il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, durante la presentazione delle raccomandazioni per i Paesi della Ue. Il riferimento è a sei Stati dell’Unione: Olanda, Lussemburgo, Irlanda, Malta, Cipro e Ungheria.
Nonostante già nel 2018 la Commissione Ue abbia messo sotto osservazione questi Paesi per la loro politica fiscale aggressiva, Bruxelles ha deciso di elevare il livello di allarme sulla concorrenza fiscale sleale all’interno della Ue. Del resto, anche nel recente accordo franco-tedesco sulla ripresa economica dopo l’epidemia da coronavirus l’obiettivo primario espressamente indicato è quello di «migliorare il quadro Ue per una fiscalità equa introducendo un’imposizione minima effettiva e una tassazione equa dell’economia digitale».
Nei rapporti sui singoli Paesi pubblicati ieri dalla Commissione europea, l’occhio cade sull’Olanda, che è al centro di polemiche politiche legate alla sua intransigenza sull’emissione di bond europei per la ripresa economica.
«Sebbene l’Olanda abbia preso provvedimenti per affrontare le pratiche di pianificazione fiscale aggressiva, l’elevato livello di dividendi, royalty e pagamenti di interessi effettuati attraverso il Paese suggerisce che le norme fiscali nazionali sono utilizzate dalle società che si impegnano nella pianificazione fiscale aggressiva», scrivono gli esperti della Commissione. Uno studio del 2019 del Bureau for economic policy analysis olandese mostra che tra il 2014 e il 2016 circa il 25% dei pagamenti dei dividendi e il 45% dei pagamenti di interessi dai Paesi Bassi ha avuto per destinazione giurisdizioni a bassa imposizione fiscale o veri e propri paradisi fiscali. Per i pagamenti di royalty questo rapporto ha raggiunto il 75% tra il 2008 e il 2010.
Per il Lussemburgo, la Commissione evidenzia che – secondo il Fondo monetario internazionale – è il primo Paese al mondo nel quale gli investimenti esteri diretti vengono effettuati attraverso “special purpose entities”, cioè società veicolo senza dipendenti né attività reali. Grazie alla sua politica fiscale, il Lussemburgo attrae investimenti per oltre il 5.766% del Pil, contro il 19% dell’Italia.
Anche l’Irlanda ha un campionario di elementi distorsivi della concorrenza all’interno della Ue. Tra tutti spicca, come scrive nel rapporto la Commissione europea, «l’elevata concentrazione delle imposte sulle società, con le prime dieci imprese che rappresentano il 45% del totale». Tra queste società ci sono tutte le più importanti web companies della Silicon Valley, come Apple, Google e Facebook. La Commissione sottolinea che è un rischio fare affidamento principalmente su queste 10 società per finanziare le spese correnti irlandesi.
Se Cipro è la patria dei passaporti venduti a ricchi investitori extracomunitari e Malta è invece il Paese dove c’è la possibilità di una «doppia non imposizione fiscale» su società e persone fisiche, l’Ungheria amplifica altri strumenti di distorsione. I grandi stock di capitale straniero – scrive la Commissione – insieme all’assenza di ritenuta alla fonte sui pagamenti di royalty, interessi e dividendi, «possono indicare rischi di una pianificazione fiscale aggressiva». Non solo. L’assenza di ritenute alla fonte sui redditi che escono dall’Ungheria e sono diretti verso i centri finanziari offshore, potrebbe fornire una via di fuga per profitti che lasciano l’Unione europea senza pagare la giusta quota di tasse.
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Confisca in Italia per la condanna da San Marino
9 Giugno 2020
Il Sole 24 Ore 05 MAGGIO 2020 di Antonio Iorio
AUTORICICLAGGIO
Ai fini del riconoscimento del delitto si fa riferimento alla data della sentenza
È legittima la confisca per equivalente in Italia, disposta dai giudici di San Marino a seguito di condanna per autoriciclaggio nei confronti di un imprenditore italiano.
Secondo la Cassazione (sentenza 13571 depositata ieri) la sentenza straniera infatti deve essere riconosciuta nel nostro Paese, anche se al momento della commissione dell’illecito all’estero la legislazione italiana non prevedeva il reato di autoriciclaggio. Ciò che rileva infatti è il riconoscimento del delitto al momento della sentenza.
La vicenda
Un imprenditore italiano era condannato nei vari gradi dall’autorità giudiziaria sammarinese per autoriciclaggio. In particolare aveva trasferito su conti in San Marino somme proventi da frodi fiscali e distrazioni da società fallite commesse in Italia. Nella banca sammarinese veniva rinvenuto anche un mandato fiduciario intestato all’imprenditore, ma le somme non erano reperite in quanto successivamente trasferite in Gran Bretagna.
In relazione a tale fiduciario mandato, l’imprenditore rispondeva di autoriciclaggio per il trasferimento delle predette somme dalla banca del Titano a quella inglese che, secondo i giudici sammarinesi, rappresentava il successivo impiego per «trasformare il danaro» ai fini della commissione dell’autoriciclaggio.
La sentenza prevedeva anche la confisca per equivalente di tali somme. La competente Corte di appello italiana, a richiesta delle autorità sammarinesi, disponeva il riconoscimento della sentenza definitiva al fine dell’esecuzione in Italia dell’ordine di confisca per equivalente nei confronti dell’imprenditore.
Il ricorso e la decisione
Avverso tale decisione l’interessato ricorreva per cassazione che lamentava, tra l’altro, la violazione della condizione della «doppia incriminabilità» prevista dall’articolo 733 del Cpp per il riconoscimento delle decisioni straniere. Nella specie, al momento della commissione dell’illecito (2013) l’autoriciclaggio non costituiva reato in Italia.
La Cassazione ha rigettato sul punto il ricorso rilevando che nelle procedure di cooperazione giudiziaria il principio di legalità deve essere rispettato dallo Stato richiedente (San Marino), per lo Stato ricevente è sufficiente che il fatto posto a base della richiesta costituisca reato nel proprio ordinamento al momento della decisione.
La difesa invocava, poi, l’applicazione del quarto comma dell’articolo 648 ter1 del Codice penale in base al quale, ai fini dell’autoriciclaggio, non sono punibili le condotte per cui il denaro è destinato al mero godimento personale.
Anche sotto questo profilo la Cassazione ha rigettato il ricorso rilevando che secondo le autorità sammarinesi, con le somme in questione, in realtà erano state compiute operazioni per ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa.
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Decreti Legge nr 91-92-93-96 di Maggio 2020 e nr 97 del 2 Giugno 2020
9 Giugno 2020
In sintesi i punti salienti degli ultimi Decreti Legge emanati nel mese di maggio e giugno
D.L. 91 del 26/5/20 (ratifica D.L. nr 63)
Art. 6 – Misure straordinarie in materia di imposte dirette, comma 6: Minimum tax
Tutti gli operatori economici sono esentati dal pagamento della minimum tax per il periodo d’imposta 2020. Nel caso tale imposta sia già stata versata, sarà possibile portare il relativo importo in detrazione, ovvero compensarlo con ulteriori imposte dirette e indirette a partire dal periodo di imposta 2020 senza alcun limite temporale.
Art.6, comma 8 bis: Per il periodo d’imposta 2020 rientrano tra le passività deducibili in sede di dichiarazione dei redditi le spese relative a servizi di bar e ristorazione nonché ad attività creative, artistiche e di intrattenimento sostenute nel territorio per un importo massimo di euro 300,00 e le spese relative alle attività sportive e le attività inerenti i servizi alla persona (centri estetici, parrucchieri, barbieri, tatuatori e similari) sostenute nel territorio per un importo massimo di euro 200,00.
– Art. 6, comma 9: gli incentivi previsti per le attività di nuova costituzione (art. 73 della Legge n.166/2013) e per l’imprenditoria giovanile (punti b) e c) del comma 1, dell’articolo 4 della Legge 178/2015) sono prorogati per un anno ad esclusione di quelli scaduti al 31 dicembre 2019.
Art. 8 – Affitti passivi
La scadenza per sanare l’eventuale morosità dei canoni relativi al periodo marzo-settembre 2020, senza che costituisca causa di risoluzione del contratto, è posticipata al 31 marzo 2021 anziché al 31 dicembre 2020.
Art. 20 bis – Credito d’imposta per l’acquisto di dispositivi di protezione nei luoghi di lavoro
Viene introdotto un credito d’imposta pari al 50% delle spese sostenute e documentate nel periodo d’imposta 2020 per la sanificazione degli ambienti di lavoro, per l’acquisto di dispostivi e di attrezzature di protezione individuale atti a contenere la diffusione del COVID-19 da utilizzarsi in detrazione dall’imposta generale sui redditi dovuta per gli esercizi 2020 e 2021 fino ad un massimo di euro 10.000 annui.
D.L.92 del 27/05/20 (ratifica D.L. nr 67)
Art. 1 – Misure straordinarie Cassa Integrazione Guadagni
In ogni caso non viene modificata in alcun modo la regolamentazione della Cassa Integrazione Guadagni.
Art. 2 – Modifica dell’articolo 15 della Legge n. 73/2010 – Erogazione indennità Cassa Integrazione Guadagni
E’ stata eliminata la verifica della disponibilità sui conti correnti dei soci delle società di capitali, al fine di non incorrere nella maggiorazione del 15% nel caso di erogazione diretta della CIG da parte dell’ISS, salvaguardando il principio
della separazione patrimoniale tra società e soci.
Art. 3 – Misure straordinarie a tutela dell’occupazione interna
Viene modificata la lettera a) dell’art. 3 consentendo l’assunzione nominativa dei frontalieri solo per amministratori e soci di società, personale stagionale già assunto in anni precedenti, eventuale distacco e/o trasferimento di dipendenti all’interno di società del gruppo. Non è stato modificato il periodo di efficacia del decreto ratificato e pertanto il
provvedimento continuerà a produrre effetti, salvo diverse disposizioni, fino al 31 dicembre 2020.
D.L.93+All del 27/05/20 (ratifica D.L. nr 68)
Art. 5 – Licenze di servizi, artigianali di servizi e libere professioni
Attività edili, impiantistiche, cantieristiche: viene eliminata la limitazione della presenza massima di 10 persone per ogni
cantiere. Rimane l’obbligo della presenza massima di un operaio ogni 10 mq.
Art. 1: la temperatura corporea considerata “non rischiosa” è passata da 37 a 37,5.
Art. 1 comma 2: sono consentite le attività corsistiche, incontri e riunioni, siano essi di natura privata, istituzionale o amministrativa, fermo restando rispetto delle disposizioni di cui all’Allegato 1 ed eventuali specifici protocolli sanitari definiti dal Gruppo di Coordinamento per le Emergenze Sanitarie; per lo svolgimento di tali attività è consentito l’utilizzo di sale pubbliche.
Art. 2: sono consentite tutte le attività economiche senza alcuna limitazione rispetto alla presenza dei dipendenti in organico.
Art.12: l’attività di screening individua le gradualità dei prelievi in base al numero degli occupati alla data del 31 marzo 2020 (i criteri e le modalità organizzative sono stabilite dall’ISS e avranno cura di coinvolgere il medico del lavoro); l’impossibilità di effettuare il test per causa non imputabile all’ISS o il rifiuto da parte del lavoratore comporta una astensione obbligatoria temporanea dal lavoro senza accesso ad alcuna delle misure di sostegno al reddito fino ad esecuzione del test (I lavoratori che si rifiutano di effettuare il test ma che prestano servizio lavorativo dal domicilio hanno diritto a continuare l’attività lavorativa fino all’interruzione di tale modalità di lavoro).
Non si applica più la limitazione ed il contingentamento per l’accesso dei clienti all’interno dei locali dell’attività, ma ovviamente all’interno dei locali va comunque rispettata la distanza minima tra le persone.
D.L.97-2020+All (ratifica D.L. nr 78)
Art. 7 Proroga scadenza compilazione catasto rifiuti 2019: le comunicazioni previste per l’anno 2020, inerenti alla dichiarazione catasto rifiuti per l’anno 2019, sono posticipate al 30 giugno 2020 con la relativa riapertura del portale per le registrazioni.
Art. 13 Deroga temporanea all’obbligo di deposito dell’originale delle domande di marchio, brevetto o disegno e delle convalide di brevetto europeo.
Artt. 14 e 15 Modifiche all’accesso alla Cassa Integrazione Guadagni causa 4: è consentito stipulare contratti di lavoro a tempo determinato anche nel caso in cui l’operatore abbia fatto o farà ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni causa 4. I lavoratori assunti a partire dall’entrata in vigore del presente decreto potranno beneficiare dell’indennità di Cassa Integrazione Guadagni causa 4) solamente dopo aver svolto attività lavorativa presso lo stesso datore di lavoro per almeno 100 giorni validi agli effetti previdenziali.
Art. 17 Vendite promozionali: sono consentite solo per il “Black Friday” (27 e 28 novembre 2020) e le vendite di fine stagione per l’anno 2020 potranno essere effettuate dagli operatori commerciali al dettaglio esclusivamente durante il periodo 1° agosto al 1° settembre
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Dal 1° luglio negli studi doppia spinta all’uso del Pos
9 Giugno 2020
Il Sole 24 Ore lunedì 18 MAGGIO 2020 di Alessandro Mastromatteo e Benedetto Santacroce
Pagamenti digitali. Spetterà un credito d’imposta del 30% sulle commissioni bancarie Contante utilizzabile solo sotto i 2mila euro
Dal 1° luglio negli studi doppia spinta all’uso del Pos
Per i professionisti impegnati nel processo di dematerializzazione dei propri studi si avvicina un’altra tappa. Dal 1° luglio prossimo, infatti, potranno beneficiare di un credito di imposta pari al 30% delle commissioni addebitate sui pagamenti ricevuti da consumatori finali con carte di credito, di debito e prepagate.
Con la stessa decorrenza viene anche ridotta a 1.999,99 euro la soglia per l’utilizzo del contante, in previsione dell’ulteriore abbattimento, dal 1° gennaio 2022, sino ai 999,999 euro.
Questi due elementi, di per sé, dovrebbero costituire o quantomeno rappresentare uno stimolo a completare quel processo di gestione sempre più automatizzato, integrato e dematerializzato dell’attività professionale, che riguarda anche la parte dei pagamenti elettronici: il tutto a prescindere dal fatto che non è prevista alcuna sanzione se non si garantisce al cliente la possibilità di pagare con strumenti tracciabili.
Il credito d’imposta
Installare un Pos e ricevere pagamenti elettronici tramite carte di debito o di credito o prepagate comporta il pagamento di commissioni agli intermediari. Per favorire l’utilizzo di mezzi alternativi al contante, diminuendo il relativo onere in capo a esercenti e professionisti, l’articolo 22 del decreto legge 124 del 2019 ha previsto il riconoscimento di un credito di imposta nella misura del 30% delle commissioni addebitate per le transazioni effettuate con carte di debito, di credito, prepagate o mediante altri strumenti di pagamento elettronici tracciabili.
Il credito spetta dal 1° luglio prossimo per le commissioni dovute in relazione a cessioni di beni e prestazioni di servizi rese unicamente nei confronti di consumatori finali, mentre l’obbligo di ricevere pagamenti elettronici – stabilito dall’articolo 15, comma 4, del decreto legge 179 del 2012 (cosiddetto decreto Sviluppo-bis) – non contiene una analoga esclusione relativamente ai soggetti passivi di imposta.
Ulteriore condizione per avvalersi del credito risiede nel limite dei ricavi o compensi relativi all’anno d’imposta precedente, i quali non devono essere stati di ammontare superiore a 400mila euro. Attenzione perché la stessa soglia si applica anche agli studi professionali e non solo ai professionisti che esercitano l’attività singolarmente.
Come calcolare il credito
Per determinare la misura di credito spettante, esercenti e professionisti riceveranno, con cadenza mensile e in via telematica, l’elenco delle transazioni effettuate e le informazioni relative alle commissioni addebitate da parte dei prestatori di servizi di pagamento, tenuti anche a comunicare all’Agenzia delle entrate le informazioni necessarie per controllare la spettanza del credito in capo ai beneficiari (si veda anche l’ articolo a fianco).
Più in dettaglio, secondo le modalità e i criteri stabiliti da Banca d’Italia con provvedimento del 21 aprile 2020 – pubblicato nella «Gazzetta Ufficiale» 111 del 30 aprile – i professionisti che abbiano stipulato un apposito contratto di convenzionamento per l’accettazione e il trattamento delle operazioni di pagamento con carta di debito, credito o altri strumenti tracciabili, si vedranno recapitare nella propria casella di Pec oppure pubblicare nell’online banking, tutta una serie di dati funzionali alla determinazione del credito spettante.
Le comunicazioni saranno trasmesse dagli intermediari entro il 20° giorno del mese successivo al periodo di riferimento e cioè a quello in cui sono stati ricevuti pagamenti tracciabili. Verrà ricevuto l’elenco delle operazioni di pagamento del periodo di riferimento, il loro numero e valore totale, con separata indicazione di quelle effettuate da consumatori finali, e un prospetto riepilogativo delle commissioni addebitate.
Secondo il provvedimento dell’Agenzia delle entrate 181301/2020 i professionisti, quando abbiano utilizzato il credito di imposta, dovranno conservare la relativa documentazione per un periodo di dieci anni decorrenti dall’anno in cui il credito è stato utilizzato.
Come utilizzare il credito
Il credito di imposta maturato è utilizzabile esclusivamente in compensazione, esponendolo nei modelli di pagamento F24, a decorrere dal mese successivo a quello in cui la spesa è stata sostenuta. Il credito deve inoltre essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta di maturazione e in quelli successivi sino a quello in cui se ne conclude l’utilizzo.