Documento elettronico anche con San Marino

5 Agosto 2019

Il Sole 24 Ore 10 LUGLIO 2019 di Alessandro Mastromatteo e Benedetto Santacroce

Focus DECRETO CRESCITA: LE NOVITA’ FISCALI

Il nuovo obbligo. Resta l’esonero per minimi, forfettari, associazioni sportive dilettantistiche e operatori sanitari

Anche nei rapporti commerciali con operatori residenti o stabiliti a San Marino si introduce un obbligo di fatturazione elettronica analogamente a quanto accade per le operazioni tra soggetti residenti o stabiliti nel territorio nazionale: l’articolo 12 del decreto legge crescita, con la finalità dichiarata di semplificare gli adempimenti certificativi, sia per le operazioni attive che per quelle passive, introduce infatti l’e-fattura obbligatoria analogamente a quanto già previsto per le operazioni nazionali e con le medesime esclusioni soggettive ed oggettive.

Si tratta di una misura ritenuta dal Governo strategica e urgente, per la cui operatività occorrerà procedere alla modifica del decreto ministeriale del 24 dicembre 1993 il quale disciplina ai fini Iva i rapporti di scambio tra i due Paesi imponendo, tra gli altri, l’emissione di una fattura cartacea in quattro esemplari nei confronti di operatori aventi sede, residenza o domicilio nella Repubblica di San Marino. Le modifiche al decreto ministeriale saranno adottate in attuazione di un accordo tra i due Stati.

Con provvedimento del direttore dell’agenzia delle Entrate saranno invece emanate le regole tecniche necessarie per l’attuazione dell’obbligo. A tale proposito si può al momento solamente ipotizzare che il Sistema di interscambio nazionale potrebbe essere reso accessibile anche gli operatori sanmarinesi o direttamente, previo loro accreditamento, oppure interfacciando lo SdI con il corrispondente sistema operativo locale. Ad ogni modo, la soluzione che verrà adottata costituirà un primo e fondamentale esperimento per testare l’apertura e l’interfacciamento dello SdI in prospettiva con altri sistemi europei e mondiali di fatturazione elettronica.

Adempimento. L’obbligo dal 1 gennaio 2019 di fatturazione elettronica in Italia tra operatori residenti e stabiliti, accompagnato alla libera circolazione delle merci tra Italia e San Marino rappresentano le ragioni per cui si intendono modificare le modalità di documentazione fiscale delle operazioni realizzate tra i due Stati come disciplinate dal decreto ministeriale del 24 dicembre 1993.

Anche nei rapporti commerciali tra Italia e San Marino viene perciò previsto l’obbligo di fatturazione in modalità elettronica, anziché attraverso l’utilizzo di una fattura emessa in formato cartaceo ed in quattro esemplari. In questo modo verranno semplificati gli adempimenti certificativi, allineandoli a quelli applicabili sul territorio italiano, e si introduce un efficace strumento di compliance nel corretto assolvimento dell’imposta nell’interesse di entrambi gli Stati.

In attesa della formalizzazione dell’accordo tra Italia e San Marino per la modifica dell’attuale decreto ministeriale, l’articolo 12 del decreto crescita conferma comunque le ipotesi di esonero soggettivo dall’emissione di fattura elettronica già previste per le operazioni tra soggetti residenti e stabiliti.

I soggetti in regime di vantaggio, i forfetari, le associazioni sportive dilettantistiche e gli operatori sanitari non saranno quindi tenuti ad emettere e-fatture: resta tuttavia da capire se continueranno per questa ragione ad operare le attuali regole con gestione cartacea dei documenti.

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Distacchi dall’estero sorvegliati speciali

5 Agosto 2019

Il Sole 24 Ore lunedì 15 LUGLIO 2019 di Stefano Rossi

 CONTROLLI INL

Essenziale che il lavoratore abbia un legame organico con la società oltre confine

In caso di irregolarità l’addetto si considera dipendente dell’utilizzatore

Il distacco di lavoratori da un altro Paese all’Italia deve rispettare una serie di regole, per non essere contestato dagli ispettori e non configurarsi come una somministrazione di manodopera. L’Ispettorato nazionale del lavoro è tornato a occuparsi delle violazioni legate al distacco transnazionale, nella nota 5398 del 10 giugno 2019. Un fenomeno che si sta sviluppando negli ultimi anni, tanto che rientra a pieno titolo nella programmazione annuale dei controlli dello stesso Inl.

Nell’ultima nota, l’Ispettorato fa il punto sulle sanzioni in caso di violazioni nel distacco di lavoratori da un’impresa stabilita in un altro Stato dell’Unione europea in favore di una propria unità produttiva in Italia (in risposta alla richiesta di parere di un ufficio territoriale).

L’Inl ha chiarito che la sanzione si applica al solo distaccante estero, se il lavoratore è distaccato presso l’unità produttiva dell’azienda situata in Italia. L’Ispettorato ha precisato che l’unità produttiva di una determinata impresa può considerarsi una autonoma sede secondaria – nei confronti della quale poter applicare le sanzioni – solo se risulta iscritta nel Registro delle imprese ed è identificata in Italia attraverso un proprio rappresentante legale. Perciò non sarà sede secondaria il mero ufficio di rappresentanza, con funzioni esclusivamente promozionali e pubblicitarie, di raccolta informazioni, di ricerca scientifica o di mercato, o che svolga, ad esempio, un’attività preparatoria all’apertura di una filiale operativa.

Alla luce di ciò, l’appartenenza dell’unità locale alla stessa organizzazione imprenditoriale comporterà l’applicazione della sanzione per distacco illecito transnazionale alla sola impresa distaccante estera, dotata, quindi, di autonoma personalità giuridica.

Irregolarità e sanzioni

Con la circolare 1/2017, l’Ispettorato aveva dettato le linee guida per una corretta applicazione delle sanzioni previste dall’articolo 3 del Dlgs 136/2016.

Nell’accertamento della legittimità del distacco transnazionale del lavoratore è necessario porre l’attenzione sul suo legame effettivo e organico con l’impresa del Paese di invio. Inoltre, l’impresa distaccante deve esercitare abitualmente la sua attività nello Stato membro di origine.

In caso di distacco non autentico il lavoratore è considerato a tutti gli effetti alle dipendenze del soggetto che ne ha utilizzato la prestazione. In questo modo, i datori di lavoro italiani rischiano di vedersi applicare la normativa a tutela del lavoro subordinato, inclusa quella sui tempi di lavoro e sui minimi salariali. Resta invece esclusa l’automaticità dell’imputazione dei contributi previdenziali, poiché sarà necessario disconoscere, attraverso una particolare procedura, il modello A1 rilasciato dal Paese di provenienza del lavoratore. Si potranno invece quantificare gli imponibili contributivi, con conseguente notifica del verbale, i cui effetti saranno sospesi sino alla definizione della procedura di disconoscimento.

Un’altra rilevante conseguenza è l’applicazione della sanzione pecuniaria di 50 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione, analogamente a quanto previsto in caso di appalto illecito. La sanzione non può essere inferiore a 5mila euro né superiore a 50mila euro. È esclusa l’applicazione della sanzione per lavoro nero poiché, seguendo l’interpretazione offerta dall’interpello 27/2014, la prestazione lavorativa è comunque tracciata attraverso il modello A1 fornito dalla società di servizi estera.

Responsabilità solidale

Nel caso di distacco transnazionale genuino, invece, l’articolo 4 del decreto prevede che il committente imprenditore o datore di lavoro risponda in solido con la società di servizi estera per i crediti retributivi (comprese le quote di trattamento di fine rapporto), contributivi e i premi assicurativi maturati nel periodo di esecuzione del contratto. La responsabilità solidale può essere attivata dal lavoratore entro due anni dalla cessazione del distacco e trova applicazione in tutti i settori produttivi.

La circolare 10/2018 dell’Inl ha esteso il regime della responsabilità solidale per i debiti contributivi anche in caso di appalto illecito. Tuttavia, in questo caso, prima di procedere al recupero contributivo nei confronti del trasgressore datore di lavoro italiano, sarà necessario disconoscere il modello A1. Con la circolare 3/2019 l’Ispettorato nazionale del lavoro ha esteso l’applicazione del reato di somministrazione fraudolenta anche all’ipotesi di distacco comunitario non genuino. In sostanza, se si accertano gli elementi della fraudolenza, sia il distaccante (società estera) sia il distaccatario (società italiana) sono soggetti all’ammenda di 20 euro per ogni lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione. La sanzione è applicabile dal 12 agosto 2018.

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L’assenza dall’Aire non prevale sulla sostanza

5 Agosto 2019

Il Sole 24 Ore 03 LUGLIO 2019  di Marco Piazza

ITALIANI ALL’ESTERO

L’Agenzia smonta la presunzione della Suprema corte

Quando un soggetto risulti fiscalmente residente sia in Italia sia in un altro Stato con il quale operi una convenzione contro le doppie imposizioni, il conflitto di residenza – causato dalla normativa interna di ciascuno Stato – è risolto applicando le disposizioni contenute nel trattato.

Così, per stabilire la residenza di una persona fisica che pur essendo realmente emigrata abbia omesso di cancellarsi dall’anagrafe dei residenti, la persona si considera residente, in base alle convenzioni conformi al modello Ocse:

  1. a) nello Stato in cui dispone di un’abitazione permanente;
  2. b) se ha l’abitazione permanente in entrambi gli Stati, in quello in cui le sue relazioni personali ed economiche sono più strette;
  3. c) se non si può individuare tale Stato, in quello in cui “soggiorna abitualmente”;
  4. d) se soggiorna abitualmente in entrambi gli Stati, in quello della cittadinanza;
  5. e) in caso di doppia cittadinanza: accordo fra le autorità competenti.

Si tratta di un principio pacifico, ma è molto importante che sia stato ribadito nella recente risposta 203 del 2019 perché una certa equivoca giurisprudenza della Cassazione ha indotto alcuni uffici a ritenere erroneamente che la mancata iscrizione all’anagrafe dei cittadini italiani residenti all’estero costituisca presunzione assoluta di residenza in Italia.

A partire dalla sentenza 1215 /1998, viene costantemente replicata la massima che l’iscrizione «nelle anagrafi della popolazione residente» deve ritenersi, in materia fiscale, dato preclusivo di ogni ulteriore accertamento ai fini della individuazione del soggetto passivo d’imposta. In altri termini in materia fiscale la forma è destinata a prevalere sulla sostanza nell’ipotesi in cui la residenza venga collegata al presupposto anagrafico.

A questa pronuncia si sono rifatte diverse successive sentenze dello stesso Collegio, fra le quali la 1783 del 1999; la 9319 del 2006, la 677 del 2015, la 21970 del 2015 e di recente l’ordinanza 16634 del 2018.

Ma quattro di queste sentenze riguardano soggetti emigrati in Stati con i quali era in vigore una convenzione contro le doppie imposizioni (Stati Uniti nella sentenza 1783; Svizzera nella sentenza 677; Romania nella sentenza 21970 e Regno Unito, nella sentenza 16634) circostanza, questa determinante, ma del tutto trascurata sia nella descrizione dei fatti sia nella motivazione.

Peraltro, più attenta giurisprudenza di merito non ha mancato di evidenziare come l’accertamento della residenza fiscale del contribuente non possa prescindere dall’applicazione delle tie break rules previste dai trattati (si veda ad esempio Commissione tributaria regionale della Toscana, 506 del 20 febbraio 2017 e 840 del 13 marzo 2018; Commissione regionale dell’Aquila, 614 del 5 luglio 2017; di Pescara, 475 del 17 maggio 2017; di Brescia 4207 del 31 luglio 2014; della Commissione provinciale di Firenze 131 del 12 gennaio 2016).

La chiara risposta dell’agenza delle Entrate, 203 del 2019 dovrebbe ora evitare all’origine che siano sollevate, in caso di questo tipo, contestazioni infondate, con risparmio di tempo e costi sia per l’Agenzia sia per i contribuenti.

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Decreto Delegato 2 Luglio 2019 nr 112 – Sgravi contributivi per l’assunzione di lavoratori iscritti alle liste di avviamento al lavoro

5 Agosto 2019

In allegato il testo del Decreto Delegato nr 112 a definizione degli sgravi per l’assunzione di lavoratori iscritti nelle liste di avviamento al lavoro.

DD112-2019

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Donazione di denaro dall’estero senza obbligo di registrazione

4 Agosto 2019

Quotidiano del Fisco 25 LUGLIO 2019 di Angelo Busani

Se un donante residente all’estero dona a favore di un beneficiario, residente in Italia, una somma di denaro depositata all’estero, il denaro oggetto della donazione tramite bonifico non si presume quale bene esistente nel territorio dello Stato: di conseguenza, non essendo questo atto di donazione soggetto a imposta di donazione per mancanza del presupposto di territorialità, non sussiste l’obbligo di registrazione in termine fisso dell’atto di donazione formato all’estero. È questa la risposta 310 del 24 luglio che l’agenzia delle Entrate ha fornito rispetto a un’istanza di interpello.

Il caso

Il ragionamento per giungere a questa conclusione parte dalla considerazione secondo cui, se il donante non risulta residente in Italia al momento della donazione, rilevano ai fini dell’applicazione dell’imposta di donazione solamente i beni e diritti esistenti sul territorio nazionale (articolo 2 Dlgs 346/1990, testo unico dell’imposta di donazione).

C’è poi da osservare che l’articolo 55 del testo unico stabilisce che le regole di registrazione degli atti di donazione sono le stesse che si applicano per la registrazione degli atti assoggettati all’imposta di registro; e che per l’articolo 2 del Dpr 131/1986 (testo unico dell’imposta di registro) sono soggetti a registrazione in Italia, tra gli altri, «gli atti formati all’estero che comportano trasferimento della proprietà ovvero costituzione o trasferimento di altri diritti reali, anche di garanzia, su beni immobili o aziende esistenti nel territorio dello Stato».

L’ultimo riferimento normativo da prendere in considerazione è il comma 1-bis all’articolo 55 del Dlgs 346/1990, secondo il quale «sono soggetti a registrazione in termine fisso anche gli atti aventi ad oggetto donazioni, dirette o indirette, formati all’estero nei confronti di beneficiari residenti nello Stato» (norma introdotta nel 2000 per evitare che atti formati all’estero, aventi a oggetto beni diversi dagli immobili e dalle aziende, eludessero l’imposta di donazione).

La soluzione

Per effetto di questo panorama normativo sono rilevanti, ai fini dell’imposta sulle donazioni, e devono essere assoggettati a registrazione in termine fisso in Italia, gli atti formati all’estero aventi a oggetto beni diversi da immobili e aziende esistenti nel territorio italiano:

se il donante è residente in Italia;

se il donante non è residente in Italia, quando i beni donati sono esistenti nel territorio dello Stato.

Per stabilire, dunque, se l’atto di donazione con bonifico da parte di un donante residente all’estero sia da assoggettare a tassazione in Italia, occorre esaminare se il bene oggetto di donazione possa essere considerato quale bene esistente nel territorio dello Stato.

Nella risposta 310 l’agenzia osserva che il denaro allocato all’estero (da trasferire in Italia con bonifico) non è compreso tra i beni che si presumono esistenti nel territorio dello Stato in quanto, per presumere l’esistenza nel territorio dello Stato del denaro, occorre che l’autore del bonifico (alla stessa stregua dell’emittente di un assegno bancario) sia residente in Italia.

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Non è tassabile la cessione di marchi da parte di un privato

4 Agosto 2019

Quotidiano del Fisco  del 19 LUGLIO 2019  di Giuseppe Rebecca

La cessione di un marchio da parte di un privato non è tassabile. Così si è espressa la Ctr Veneto con la sentenza 524/5/2019in riforma della pronuncia di primo grado. In realtà è dall’entrata in vigore del Tuir che si discute se la cessione di un marchio (o di un brevetto) da parte di un privato sia da assoggettare ad imposte, quale reddito diverso. E questo per effetto della mancata esplicita previsione normativa, al contrario del precedente Dpr 597, ove appunto se ne trattava.

Il caso specifico esaminato dalla Ctr Veneto si riferisce tra l’altro, a un conferimento di marchio, ritenuto tassabile dall’agenzia delle Entrate. La Commissione regionale così si è espressa: «L’assoggettamento ad imposizione fiscale dell’incremento di ricchezza derivante, come nella fattispecie, dalla cessione o utilizzazione economica dei marchi concessi da privati, non appare, dopo le innovazioni introdotte dal Dlgs 480/92, espressamente disciplinato dal legislatore». E anche a voler accettare la tesi dell’ufficio, il collegio ritiene che la cessione dei marchi non possa essere equiparata all’assunzione di un obbligo di fare, non fare e permettere, che è presupposto necessario e sufficiente per ricomprendere il relativo corrispettivo tra i redditi diversi indicati dall’articolo 67 del Tuir, che ne prevede l’assoggettamento a tassazione.

Tale presupposto, infatti, non sussiste nella fattispecie, per due ordini di ragioni.
Innanzitutto non era stata data prova dell’incremento di ricchezza derivante da tale cessione, che solo quella teoricamente avrebbe potuto essere tassata. Dall’altra, la cessione non può essere assimilata alla concessione d’uso, il che porterebbe alla tassazione ex articolo 67, in quanto la concessione presuppone la proprietà, mentre nel caso specifico è proprio la proprietà che viene ceduta. In base all’articolo 23 della Costituzione «nessuna prestazione patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge» (sempre della Ctr).Ed ecco che la Ctr ha accettato il ricorso del contribuente.

Precedentemente, nello stesso senso, anche se forse non adeguatamente motivata, si era espressa la sentenza della Commissione tributaria di Trento n. 193 del 1° dicembre 2017.

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Decreto Delegato 28 Giugno nr 109 – Disposizioni in materia di imposta straordinaria sugli immobili

9 Luglio 2019

Il Decreto Delegato nr 109 istituisce l’imposta straordinaria sugli immobili per il periodo d’imposta 2019 a carico delle società ed enti assimilati ad eccezione di trust enti religiosi, associazioni giuridicamente riconosciute e fondazioni.

L’imposta, che non è deducibile dal reddito imponibile,  è autoliquidata dal soggetto entro il 16 dicembre 2019 sulla base di quanto verrà trasmesso dall’Ufficio Tecnico del Catasto che provvederà a recapitare i  prospetti relativi entro il 30 novembre 2019.

L’imposta non si applica agli immobili che “costituiscono luogo di svolgimento dell’attività d’impresa dei soggetti obbligati”.

DD109-2019

 

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Regolamento 21 Giugno 2019 nr 8 – Regolamento ICEE consumi

9 Luglio 2019

Il Regolamento ICEE (Indicatore della Condizione Economica di Equità) regola il controllo di quanto dichiarato dal nucleo familiare ai fini ICEE con la stima dei consumi elencati all’art. 3.

R008-2019+All.Ae

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Decreto Delegato 18 Giugno 2019 nr 105 – Acquisto di fabbricati da parte di cittadino straniero

9 Luglio 2019

Il Decreto in oggetto  consente, secondo le modalità indicate, alle persone fisiche di cittadinanza straniera e alle persone giuridiche di diritto sammarinese l’acquisto di fabbricati o porzioni di essi, siti in Repubblica, e di stipulare contratti di locazione finanziaria immobiliare, senza la preventiva autorizzazione del Consiglio dei XXII.

DD105-2019

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Per le targhe estere la stretta si allenta

9 Luglio 2019

Il Sole 24 Ore 6 GIUGNO 2019 di Maurizio Caprino

CIRCOLARE DEL VIMINALE

Il divieto di guidare si decide sulla residenza anagrafica, non su quella normale

Si allenta la stretta sull’esterovestizione dei veicoli: ai fini del divieto per i residenti in Italia di guidare mezzi con targa estera, vale solo la residenza anagrafica e non quella formale. Lo afferma il ministero dell’Interno, con la circolare 300/A/4983/19/149/2018/06 del 4 giugno. Un’interpretazione che riguarda verosimilmente poche situazioni tra quelle che emergono quotidianamente e non affronta le questioni più critiche sollevate in questi primi mesi di applicazione della stretta.

La struttura tecnica del ministero (in questo caso, la direzione centrale delle Specialità della Polizia) ne appare ben consapevole. Tanto che nella circolare dice che è «in corso di predisposizione» una modifica normativa alla stretta, introdotta da dicembre con la legge 132/2018 di conversione del decreto sicurezza (Dl 113/2018).

In attesa che la legge venga cambiata, la circolare si limita a stabilire che gli agenti devono fare riferimento alla sola residenza anagrafica e non anche a quella normale, prevista dalle normative europee per chi rimane in uno Stato membro per almeno 185 giorni e citata dalla precedente circolare sull’esterovestizione dei veicoli, datata 10 gennaio 2019.

Questo perché, con le «criticità operative» emerse, «si è posta l’esigenza di limitare opportunamente il rigore del divieto», introdotto dalla legge 132/2018 nell’articolo 93 del Codice della strada. Ma in realtà è raro che gli agenti contestino infrazioni sulla base della residenza normale, che è difficile da accertare su strada.

Inoltre, le proteste più frequenti sono venute dalle comunità rumene, da San Marino e Vaticano e dai gelatieri della zona dolomitica che in estate lavorano in Germania. E in tutti questi casi risulta che i problemi riguardassero soprattutto persone che in Italia hanno la residenza anagrafica, non quella normale.

Nel caso di San Marino e Vaticano, invece, il problema deriva dal fatto che rientrano fra gli Stati extracomunitari e quindi per i dipendenti italiani delle loro aziende non vale la deroga prevista dall’articolo 93 per quelli di aziende comunitarie. Un’eventuale modifica normativa dovrebbe riguardare esplicitamente questi due Stati. E, preferibilmente, dovrebbe chiudere la porta a noleggi e leasing con operatori comunitari, che attualmente sono del tutto liberi, consentendo molti abusi.

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