Cessione di opere d’arte al test dell’intento speculativo

11 Ottobre 2024

Il Sole 24 Ore 3 Ottobre 2024 di Antonio Fiorentino Martino Paolo Scarion

La Cassazione è tornata sulla tassazione dei collezionisti di opere d’arte con una sentenza (19363/2024) relativa alla cessione di un Monet, effettuata da un privato a distanza di sette anni dall’acquisto. La plusvalenza generata, oltre cinque milioni, era stata qualificata dalle Entrate come reddito derivante da attività commerciale occasionale, dunque imponibile ai fini Irpef ex articolo 67, comma 1, lettera i), del Tuir. Dalle sentenze di merito emerge che il contribuente si era difeso sostenendo di essere un «mero collezionista privato», e di avere ceduto l’opera con l’intendimento di acquistarne poi un’altra; tuttavia, mentre le sue doglianze erano state accolte in primo grado, i giudici di appello avevano condiviso l’opposta prospettazione delle Entrate.

La Cassazione si è posta nel solco dell’orientamento inaugurato con l’ordinanza 6874/2023. Richiamando la tripartizione ivi introdotta – e ribadita nelle ordinanze 1603 e 1610/2024 –, i giudici di legittimità hanno distinto ancora una volta tra 1) mercante d’arte, 2) collezionista «puro», e 3) collezionista «speculatore occasionale»; quest’ultimo acquista occasionalmente opere d’arte per rivenderle «allo scopo di conseguire un utile» (e dunque agisce con intento speculativo), realizzando redditi riconducibili all’articolo 67, comma 1, lettera i).

Non si tratta di un principio nuovo: già la risposta all’interrogazione parlamentare 5-01718 del 21 marzo 2019 era giunta ad un’analoga conclusione; tuttavia, la sentenza Monet permette di meglio comprendere i presupposti della tassazione. La Cassazione ha ritenuto sussistente l’intento speculativo perché il collezionista aveva incaricato della vendita una casa d’aste, aveva in passato concesso l’opera in esposizione a musei, attività che tradirebbe la volontà di “valorizzarla” in vista della vendita, massimizzando il profitto, aveva realizzato una plusvalenza di ammontare molto elevato, infine aveva compiuto operazioni similari «in periodi antecedenti e successivi» (nonostante l’alienazione dell’opera fosse stata l’unica vendita effettuata nell’annualità accertata).

Le considerazioni della Corte possono in effetti prestarsi a talune obiezioni: ad esempio, l’intermediazione di una casa d’aste, anziché sottintendere un intento speculativo, può essere giustificata dalla mera esigenza di rivolgersi a un operatore esperto e qualificato per la gestione della compravendita. Né appare di per sé significativa l’esposizione dell’opera in mostre o musei.Peraltro, la ricerca delle reali intenzioni del collezionista, siccome non può di certo tradursi in un’indagine di natura psicologica, postula inevitabilmente che l’accertamento sia fondato – come riconosce la sentenza Monet – su presunzioni semplici; ed esse, pur dovendo essere gravi, precise e concordanti, restano sempre liberamente apprezzabili dal giudice. L’analisi in questione, dunque, va svolta caso per caso: ciò genera un contesto caratterizzato da forte incertezza e aleatorietà, tanto più pericoloso se si considera che, al superamento di determinate soglie, gli illeciti fiscali possono anche integrare un reato .

Non può, quindi, più attendere l’attuazione della delega per la riforma fiscale (legge 111/2023. Il nuovo paradigma normativo – per come emerge dal testo della delega (articolo 5, comma 1, lettera h, n. 3) e dalla relazione illustrativa – si discosta dalla complicatissima indagine dell’elemento soggettivo in capo al cedente, ed è invece incentrato su parametri oggettivi: vengono, infatti, predeterminate per legge le fattispecie «in cui è assente l’intento speculativo», e nelle quali, dunque, la plusvalenza non è mai imponibile. Si tratta a) della vendita di beni acquisiti per successione o donazione, oppure b) della permuta di opere, o ancora c) della cessione la cui plusvalenza venga reinvestita entro un certo termine per acquistare nuovi oggetti d’arte (che era proprio quanto aveva sostenuto il contribuente della vicenda Monet nelle proprie difese). In tutte le predette ipotesi l’assenza di una finalità lucrativa, e l’esclusione da tassazione, vengono stabilite per presunzione legale. Nella riforma non sembra, invece, esservi spazio per l’introduzione di un holding period, superato il quale la cessione divenga non imponibile.

Doing business in San Marino

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