E-commerce, contro le frodi Iva c’è la garanzia da 50mila euro
18 Gennaio 2025
Il Sole 24 Ore 10 Dicembre 2024 di Marco Mobili e Giovanni Parente
Lotta all’evasione. Scatta l’obbligo della cauzione anche in titoli di Stato per i rivenditori extra Ue con rappresentante in Italia. L’obiettivo della stretta è sottrarre al sommerso 143 milioni all’anno
Una garanzia triennale al Fisco di almeno 50mila euro contro le frodi Iva sull’e-commerce. Garanzia che potrà essere fornita anche in titoli di Stato o garantiti dallo Stato. E debutta anche la possibilità di specifiche analisi di rischio condotte congiuntamente da Entrate e Guardia di Finanza. Nel contrasto all’evasione arriva il meccanismo attuativo di uno degli strumenti messi in campo dal decreto delegato sull’accertamento (il Dlgs 13/2024, lo stesso del concordato preventivo). L’obiettivo è quello di fissare maggiori vincoli per gli operatori extra Ue che si avvalgono di rappresentanti fiscali per effettuare acquisti e vendite intracomunitari e operano attraverso l’e-commerce. Nel tentativo di contrastare i meccanismi di aggiramento del versamento dell’Iva che ruotano intorno all’esenzione dall’imposta al momento dell’importazione della merce all’interno dell’Unione europea. Un tentativo che dovrebbe garantire a regime all’Erario un gettito di 143 milioni all’anno.
Per questo ora il decreto firmato dal viceministro all’Economia Maurizio Leo rende operativa la garanzia che gli operatori extra Ue dovranno prestare per operare in Italia. L’asticella viene fissata in un «massimale minimo» di 50mila euro e la garanzia è «condizione necessaria per l’iscrizione della partita Iva del soggetto rappresentato nella banca dati dei soggetti passivi che effettuano operazioni intracomunitarie (Vies). In pratica, chi non presta la garanzia non può operare. Si tratta in pratica di una cauzione in titoli di Stato o garantiti dallo Stato o di fideiussione bancaria o di polizza fideiussoria. Servirà a coprire 36 mesi, al termine dei quali non dovrà però essere rinnovata. La consegna dovrà essere effettuata alla direzione provinciale delle Entrate competente in base al domicilio fiscale del rappresentante fiscale. Un modello già adottato per le riaperture di posizioni dopo i provvedimenti di chiusura disposti dalle Entrate sulle partite Iva «apri e chiudi».
Proprio nel tentativo di evitare il più possibile condotte di vero e proprio dumping fiscale perpetuate attraverso l’esenzione Iva, il decreto attuativo prevede che la garanzia debba essere presentata anche dagli operatori che già attualmente sono inclusi nella banca dati dei soggetti passivi che effettuano operazioni intracomunitarie. In questo caso, il conto alla rovescia per mettersi in regola scatterà dalla data di pubblicazione di un provvedimento su misura dell’agenzia delle Entrate: ci saranno 60 giorni di tempo, trascorsi i quali scatterà l’esclusione dall’Iva per chi non avrà depositato la cauzione al Fisco.
Più in generale il Dm fissa anche la procedura che porta ai riscontri e alle mosse successive. Nel caso in cui venga constatata la mancata prestazione della garanzia, l’Agenzia comunicherà al rappresentante fiscale del soggetto non residente, tramite posta elettronica certificata (Pec) o raccomandata con ricevuta di ritorno, l’avvio della procedura di esclusione del soggetto rappresentato dalla banca dati dei soggetti passivi che effettuano operazioni intracomunitarie (Vies). Passati 60 giorni dalla data di ricezione della comunicazione da parte del rappresentante fiscale, le Entrate passeranno all’esclusione d’ufficio della partita Iva dalla banca dati.
Per rafforzare il presidio, viene stabilita un’apposita attività di vigilanza. Il motore sarà rappresentato dalla task force tra agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza per l’analisi di rischio (la cosiddetta Uipar). Attraverso l’interoperabilità delle banche dati, verranno effettuate congiuntamente analisi «mirate a individuare i rappresentanti fiscali di soggetti non residenti in uno Stato membro dell’Unione europea o in uno degli Stati aderenti allo Spazio economico europeo operanti in ambito unionale che presentano degli indicatori di pericolosità» in relazione al «corretto adempimento degli obblighi di verifica della completezza e della veridicità dei documenti prodotti dal soggetto estero». Una verifica a cui i rappresentanti fiscali sono tenuti per non incappare in una sanzione amministrativa da 3mila a 50mila euro.
Gli ultimi dati disponibili (contenuti nella relazione tecnica al decreto delegato sull’accertamento) mostrano perché la garanzia rappresenti una strategia per bloccare sul nascere forme di evasione che sul fronte Iva continuano a fare perno su prestanome o a strutture societarie di fatto vuote, che una volta sparite lasciano solo una scia di debiti tributari quasi impossibili da recuperare per il Fisco. Nel 2022, infatti, risultano circa 22mila soggetti non residenti, con rappresentante fiscale in Italia, che hanno acquistato servizi (secondo le informazioni dei modelli Intrastat), verosimilmente a titolo di commissioni, dalle principali piattaforme elettroniche, per un totale di 420 milioni di euro. Queste commissioni corrispondono circa 2,1 miliardi di merce venduta. Dal confronto con i dati dichiarativi, è emerso che 7.300 tra i soggetti individuati hanno un volume d’affari inferiore a quello stimato partendo dalle commissioni, per un’Iva evasa totale pari a circa 143 milioni. Proprio quella che adesso il Fisco vuole recuperare ogni anno con le nuove misure.