È il puro artificio la prova di esterovestizione

8 April 2022

Il Sole 24 Ore 16 marzo 2022 di Laura Ambrosi

La localizzazione in un Paese con fiscalità più vantaggiosa non è operazione elusiva

La localizzazione della sede di una società in un Paese con un minor carico fiscale non costituisce di per sé un’operazione elusiva, tanto meno se la tesi è fondata solo sullo svolgimento in Italia dei servizi amministrativi. L’esterovestizione, infatti, sussiste se all’estero c’è una creazione di puro artificio priva di sostanza economica. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 8297 depositata ieri.

Ad una società con sede in Lussemburgo veniva notificato un accertamento con il quale era contestata una esterovestizione e conseguentemente tassato in Italia il relativo reddito.

Il provvedimento veniva impugnato dinanzi al giudice tributario che per entrambi i gradi di merito lo annullava. In particolare, la Ctr rilevava che lo svolgimento dei servizi amministrativi in Italia non era di per sé sufficiente a dimostrare l’esterovestizione, poiché sussistevano altri elementi che confermavano l’effettiva attività all’estero.

L’Agenzia impugnava la decisione in Cassazione lamentando, in estrema sintesi, un’errata applicazione della norma.

I giudici di legittimità hanno innanzitutto ricordato che per esterovestizione si intende la fittizia localizzazione della residenza fiscale di una società all’estero, più precisamente in un Paese con un trattamento fiscale più vantaggioso. Tale comportamento, però, è abusivo solo se ha come risultato l’ottenimento indebito del vantaggio fiscale. Occorre a tal fine il riscontro dello scopo essenziale dell’operazione.

Tuttavia, in base ai principi unionali, il contribuente può sempre scegliere tra due operazioni, non essendo obbligato a preferire quella che implica il pagamento di imposte superiori. Egli, infatti, ha il diritto di scegliere la forma di conduzione degli affari che gli consenta di ridurre la sua contribuzione fiscale.

In riferimento alla localizzazione all’estero della residenza, secondo il principio di libertà di stabilimento, la circostanza che una società sia stata creata in un determinato Stato membro per fruire di una legislazione più vantaggiosa, non costituisce di per sé un abuso di tale libertà. Ne consegue così che una misura nazionale che restringa la scelta è ammessa soltanto se riguarda le costruzioni di puro artificio, prive di effettività economica e finalizzate ad eludere la normale imposta del territorio nazionale (Cassazione 33234/2018).

Nella specie, il giudice di merito aveva correttamente applicato i citati principi rilevando che l’Ufficio non aveva prospettato l’indebito vantaggio conseguito dall’asserito abuso perpetrato attraverso la sede estera. Da qui la conferma dell’illegittimità della pretesa.

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