Etichette, regole del Paese in cui il prodotto è venduto
11 Ottobre 2024
Il Sole 24 Ore 2 Ottobre 2024 di Marina Castellaneta
Un prestatore di servizi stabilito in uno Stato membro e che vende prodotti cosmetici in un altro Paese Ue è tenuto a rispettare le regole europee in materia di etichettatura, che impongono l’uso della lingua del Paese in cui il prodotto sarà venduto. Di conseguenza, il prestatore di servizi non può invocare il principio dello Stato di origine e limitarsi a rispettare le regole del Paese in cui è stabilito, anche perché, come chiarito dalla Corte di giustizia dell’Unione europea con la sentenza del 19 settembre (causa C-88/23) le norme sull’etichettatura non rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2000/31 sul commercio elettronico.
Sono stati i giudici svedesi a chiedere l’intervento della Corte Ue per un chiarimento sulla direttiva. Al centro della vicenda nazionale vi era una controversia tra una società tedesca, che attraverso il proprio sito web vendeva prodotti cosmetici per il mercato svedese, e una società del Paese scandinavo che si occupa della commercializzazione di prodotti. Quest’ultima aveva citato in giudizio l’azienda tedesca dinanzi al Tribunale della proprietà intellettuale e del commercio svedese per vietare la commercializzazione di prodotti cosmetici che non avevano l’etichetta in lingua svedese. L’azienda tedesca riteneva che tale requisito fosse contrario alla direttiva 2000/31, ma il Tribunale aveva accolto l’istanza dell’azienda svedese e vietato alla società tedesca di commercializzare i prodotti cosmetici senza l’etichetta svedese. La Corte di appello di Stoccolma, prima di pronunciarsi, ha chiamato in aiuto gli eurogiudici.
La direttiva – osserva la Corte – punta a rafforzare la libertà di fornire servizi della società di informazione facendo salva, però, la tutela della salute e dei consumatori. Nel chiarire la nozione di “ambito regolamentato” dalla direttiva, l’articolo 2 precisa che si tratta delle prescrizioni che il prestatore deve soddisfare per l’accesso all’attività e il suo comportamento, nonché la qualità o i contenuti del servizio, escludendo le merci in quanto tali, la consegna e i servizi non prestati per via elettronica. L’articolo 2 non precisa se nella nozione di ambito regolamentato possano essere incluse le prescrizioni sull’etichettatura di prodotti promossi e venduti sul sito Internet. Tuttavia, la Corte, con questa sentenza, ha chiarito che l’etichettatura è un requisito applicabile ai beni in quanto tali e, quindi, gli obblighi ad essa collegati sono esclusi dalla direttiva. Di conseguenza, il prestatore dei servizi sarà sottoposto alle regole della direttiva 2000/31 per talune questioni come i requisiti relativi alla pubblicità online e al commercio elettronico ma, per altri aspetti, come gli obblighi in materia di etichettatura, sarà vincolato da altre disposizioni del diritto dell’Unione, proprio per garantire la tutela del consumatore. Pertanto, conclude la Corte, anche ai prestatori di servizi che operano online vanno applicate le disposizioni del regolamento n. 1223/2009 sui prodotti cosmetici che impongono di fornire informazioni in una lingua comprensibile agli utilizzatori finali.
LE VENDITE SUL WEB
Il prestatore stabilito
Il prestatore di servizi stabilito in uno Stato membro che vende prodotti cosmetici in un altro Paese Ue deve rispettare le regole europee sull’etichettatura, che impongono l’uso della lingua del Paese in cui il prodotto sarà venduto
Lo stato di origine
non è possibile invocare il principio dello Stato di origine e limitarsi a rispettare le regole del Paese in cui ci si stabilisce. La Corte Ue con la sentenza del 19 settembre (causa C-88/23) ha, infatti, chiarito che le norme sull’etichettatura non rientrano nel raggio d’azione della direttiva 2000/31 sul commercio elettronico.