I dati del pedaggio possono legittimare il licenziamento
11 Ottobre 2024
Il Sole 24 Ore lunedì 23 Settembre 2024 di Marcello Floris
Il Telepass montato su vettura aziendale non è uno strumento di controllo della prestazione lavorativa a distanza vietato dallo Statuto dei lavoratori, bensì un apparecchio di controllo organizzativo interno, peraltro noto al dipendente. Il base a questa valutazione la Corte di cassazione, con l’ordinanza 17008 pubblicata il 20 giugno 2024 ha confermato la validità del licenziamento di un dipendente, avendo constatato la gravità del comportamento addebitato, sostanzialmente ingiustificato, e la proporzionalità della sanzione espulsiva.
Il datore di lavoro aveva rilevato, infatti, la sosta dell’auto aziendale affidata per servizio al lavoratore e a un suo collega in coincidenza con il turno lavorativo: l’auto era rimasta ferma sul piazzale del posto di manutenzione, mentre nel rapporto di servizio era stato registrato un intervento di rimozione di un ostacolo, in un orario incoerente con i dati del Telepass installato sull’auto. Questo intervento non era stato neanche segnalato alla sala radio, in violazione delle disposizioni di servizio aziendali. Secondo la Corte, il mancato pattugliamento derivante dalla sosta del mezzo, costituisce una violazione insanabile del vincolo fiduciario poiché tali mansioni rientravano nelle attività proprie del lavoratore quale ausiliario alla viabilità, secondo il contratto collettivo applicabile.
Il lavoratore aveva eccepito la mancata prova della giusta causa di licenziamento, non essendo utilizzabili, a suo avviso, a fini disciplinari i dati del Telepass, che costituirebbero controllo a distanza vietato dall’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori.
La Corte invece, ha ribadito che l’imprenditore conserva il potere di controllo dell’adempimento della prestazione lavorativa direttamente o mediante l’organizzazione gerarchica che a lui fa capo e che è conosciuta dai dipendenti, anche in presenza dell’articolo 3 dello Statuto dei lavoratori. Esprimendo un orientamento diverso rispetto ad altre pronunce, la Corte ha stabilito poi che il divieto stabilito dall’articolo 4 della legge 300/1970 non è applicabile al caso specifico, perché si riferisce esclusivamente alle apparecchiature per il controllo a distanza, e di conseguenza non si può trasporre per analogia al telepedaggio. Quest’ultimo – precisa la Cassazione nell’ordinanza 17008 del 20 giugno 2024 – è un sistema radioelettronico per il pagamento automatico del pedaggio autostradale e non è quindi uno strumento di controllo a distanza vietato, ma un apparecchio che ha la finalità di controllo organizzativo interno, nota al dipendente.
L’articolo 3 dello Statuto spiega infatti che i nominativi e le mansioni del personale addetto alla vigilanza dell’attività lavorativa devono essere comunicati ai lavoratori. L’articolo 4 stabilisce invece che gli strumenti con i quali si possa anche controllare a distanza l’attività del lavoratore possono essere impiegati solo per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e la tutela del patrimonio e possono essere installati solo previo accordo con le rappresentanze sindacali unitarie o con l’autorizzazione dell’Ispettorato nazionale del lavoro, salvo il caso in cui detti strumenti siano utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa. Da qui si comprende appunto l’attenzione della Cassazione sulla natura dello strumento: se si ritiene appunto che non sia un mezzo di controllo della prestazione, ma semplicemente un apparecchio di verifica amministrativa e organizzativa, il divieto previsto dall’articolo 4 non opera e i dati rilevati possono essere liberamente utilizzati a fini disciplinari.
Sempre in tema di controlli sui dipendenti si è espressa la Cassazione con un’altra ordinanza del 20 giugno 2024. I nominativi e le mansioni specifiche del personale addetto alla vigilanza dell’attività lavorativa devono essere comunicati ai lavoratori interessati. Tale controllo però deve avvenire direttamente da parte dell’imprenditore o mediante l’organizzazione gerarchica che a lui fa capo. In ogni altro caso, il controllo di terzi non può riguardare l’inadempimento dell’obbligazione contrattuale del lavoratore, ma deve limitarsi agli atti illeciti dal lavoratore non riconducibili al mero inadempimento dell’obbligazione contrattuale (si veda anche la sentenza della Cassazione 9167 del 2023, che cita precedenti più risalenti)
LE PRONUNCE
Telepedaggio inutilizzabile per controlli disciplinari
La legittimità dei cosiddetti difensivi in senso stretto presuppone il “fondato sospetto” del datore di lavoro circa comportamenti illeciti di uno o più lavoratori. Ne consegue che spetta al datore l’onere di allegare, prima, e di provare, poi, le specifiche circostanze che l’hanno indotto ad attivare il controllo tecnologico “ex post”, sia perché solo il predetto sospetto consente l’azione datoriale fuori del perimetro di applicazione diretta dell’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, sia perché, in via generale, incombe sul datore, ex articolo 5 della legge 604/1966, la dimostrazione del complesso degli elementi che giustificano il licenziamento. La Cassazione ha confermato la sentenza che, nel pronunciare l’illegittimità di un licenziamento disciplinare, aveva ritenuto inutilizzabili, ai fini probatori, i dati acquisiti dalla società ricorrente attraverso l’apparecchio telepass installato sull’automezzo del lavoratore, non avendo la stessa allegato e provato che l’installazione rientrava tra i cosiddetti controlli difensivi, nei termini esposti, né le specifiche circostanze che l’avevano indotta ad attivare quel tipo controllo tecnologico.
Cassazione civile, sezione lavoro, ordinanza 15391 del 3 giugno 2024
Informativa privacy anche per il Telepass
In relazione ai riscontri dei pedaggi autostradali forniti dal sistema di telepedaggio installato sul mezzo affidato al dipendente per svolgere la propria attività lavorativa, ai fini disciplinari, occorre che il datore di lavoro abbia rispettato la disposizione prevista dall’articolo 4, comma 3 della legge 300/1970, che impone – fra gli altri adempimenti – di informare il dipendente anche in materia di privacy. Dunque, in assenza di adeguate informazioni sulle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli, risultano inutilizzabili i dati acquisiti dal datore di lavoro in seguito all’utilizzo del Telepass da parte del dipendente, con la conseguenza che non possono avere alcun rilievo, a fini disciplinari, i fatti contestati e ricavati da tali dati. Inoltre, in considerazione della portata della norma, non può sostenersi che l’informazione già fornita al lavoratore per uno degli strumenti consegnati sia sufficiente per tutti quelli ulteriori affidati allo stesso dipendente.
Corte d’appello di Ancona, sezione lavoro, sentenza 121 del 4 maggio 2021
Stop all’uso del rilevatore per ragioni non lavorative
È legittimo il licenziamento per giusta causa intimato al dipendente che, in qualità di capo zona, abbia ripetutamente omesso i controlli di propria competenza presso i punti vendita della società e usato il telepedaggio aziendale per ragioni extralavorative. Si tratta di un comportamento lesivo del vincolo fiduciario, anche con riguardo al ruolo rivestito dal dipendente e alle modalità, autonome e non soggette a controllo, di svolgimento della prestazione lavorativa.
Cassazione civile, sezione lavoro, sentenza 10540 del 3 giugno 2020
Controlli difensivi legittimi se c’è un fondato sospetto
La legittimità dei cosiddetti controlli difensivi in senso stretto presuppone il “fondato sospetto” del datore di lavoro circa comportamenti illeciti di uno o più lavoratori. Ne consegue che spetta al datore l’onere di allegare e di provare le circostanze che l’hanno indotto al controllo tecnologico “ex post”, sia perché solo il sospetto citato consente l’azione datoriale fuori del perimetro di applicazione
diretta dell’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, sia perché incombe sul datore, ex articolo 5 della legge 604/1966, la dimostrazione degli elementi che giustificano il licenziamento.
Cassazione civile, sezione lavoro, sentenza 18168 del 26 giugno 2023
Sì alla raccolta dei dati solo dopo il fondato sospetto
In tema di sistemi difensivi, sono consentiti, anche dopo la modifica dell’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori a opera del Dlgs 151/2015, i controlli anche tecnologici messi in atto dal datore di lavoro che siano finalizzati alla tutela di beni estranei al rapporto di lavoro o ad evitare comportamenti illeciti, in presenza di un fondato sospetto circa la commissione di un illecito, purché sia assicurato un corretto bilanciamento tra le esigenze di protezione di interessi e beni aziendali (correlate alla libertà di iniziativa economica), e il rispetto della tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore, e sempre che il controllo riguardi dati acquisiti successivamente all’insorgere del sospetto.
Cassazione civile, sezione lavoro, sentenza 34092 del12 novembre 2021