L’importatore risponde dell’illiceità dei prodotti immessi nel mercato Ue
7 Marzo 2023
Il Sole 24 Ore 17 febbraio 2023 di Alessandro Galimberti
La Cassazione equipara le posizioni del produttore e di chi sdogana la merce
MILANO
L’importatore nell’Unione europea ha le stesse responsabilità del produttore e, in caso di mancato rispetto delle norme comunitarie, ne risponde a titolo proprio.
La sentenza della terza penale di Cassazione (25618/22), pur riferita a un modesto quantitativo di colle stick ordinate e arrivate dalla Cina, segna un principio di diritto molto impegnativo per chi fa trading con Paesi terzi. Secondo il collegio (presidente Marini, estensore Andronio) che ha avallato la decisione di merito della Corte d’appello di Genova, l’importazione iniziata con lo sdoganamento della merce equivale a «immissione sul mercato» e pertanto l’importatore ha l’onere di accertarsi «prima» della conformità dei prodotti alla normativa comunitaria.
I fatti di causa riguardavano un imprenditore cinese quarantenne, condannato per violazione dell’articolo 16 del Dlgs 133/2009 (restrizioni sull’uso di sostanze chimiche) per aver immesso sul mercato o utilizzato una sostanza vietata «in quanto tale o in quanto componente di un preparato». In particolare, nelle colle stick bloccate in dogana a Genova era presente una quantità di toulene superiore ai limiti consentiti dal Regolamento Ce 1907/2006 . Secondo la difesa, all’imprenditore cinese non poteva essere contestato alcunché, per l’oggettiva impossibilità di controllare e campionare i prodotti subito sequestrati all’arrivo in dogana. E sempre stando a questa interpretazione, la condanna inflitta dai giudici di merito genovesi avrebbe introdotto pertanto una fattispecie di responsabilità oggettiva a carico dell’imputato, in palese contrasto con il dettato costituzionale.
La Terza penale ha però validato il percorso logico-argomentativo della Corte d’appello ligure, a cominciare proprio dal momento iniziale della «immissione sul mercato» che si realizza «quando un prodotto fuoriesce dalla fase di fabbricazione al fine di essere distribuito sul mercato comunitario». L’immissione sul mercato di un prodotto pericoloso, inoltre, «comprende non solo la messa in circolazione dello stesso, ma anche la sua detenzione in concreta disponibilità a favore della clientela interessata».
Quanto al titolo di responsabilità riconosciuta in capo all’importatore – asseritamente «oggettiva» secondo la difesa – la Cassazione la individua come colposa nell’ambito del reato contravvenzionale. L’imprenditore, scrive il relatore, «si è reso responsabile di una gravissima negligenza nonché di una colpevole imprudenza nei confronti della salute degli acquirenti finali, come dimostrano le parole rese dallo stesso, il quale ha dichiarato che la trattativa per l’ordinazione della merce in questione con il venditore spedizioniere cinese si era tenuta attraverso una chat chiamata QQ, senza che in principio fosse fornita alcuna informazione in ordine alla composizione del prodotto, senza che fosse effettuata alcuna analisi chimica prima dell’importazione doganale, senza che fosse rilasciata alcuna dichiarazione scritta con cui il commerciante cinese avrebbe potuto confermare che il prodotto fosse conforme alla normativa europea». Condotte, quelle descritte dalla Cassazione, che disegnano a contrario i doveri dell’importatore «agente modello» che avrebbe «dovuto astenersi dall’acquisto se non era in grado di conoscere in anticipo la composizione del prodotto» o alternativamente, agendo in buona fede, «avrebbe dovuto imporre al venditore di inviargli preventivamente un prodotto modello da fare analizzare; o, ancora, avrebbe dovuto rivolgersi alle dogane per individuare con i funzionari il protocollo migliore per garantire un commercio corretto».