Lussemburgo verso lo stop ai ruling firmati prima del 2015
11 Novembre 2019
Il Sole 24 Ore 18 OTTOBRE 2019 di Raffaele Villa
FISCO INTERNAZIONALE
Proposta del Governo nella Finanziaria 2020 trasmessa al Parlamento
In caso di approvazione andranno ripensati i comportamenti tributari
Il 14 ottobre il Governo lussemburghese ha trasmesso al Parlamento una proposta di disegno di legge finanziaria 2020 che prevede, tra l’altro, la cessazione a partire dal 1° gennaio 2020 dell’efficacia degli accordi fiscali preventivi (ruling) concordati con l’amministrazione finanziaria lussemburghese prima del 2015.
Tale proposta sembrerebbe, tra l’altro, in linea con la formalizzazione in un testo normativo (legge 19 dicembre 2014 e decreto 23 dicembre 2014) della procedura di accordo preventivo in vigore dal 1° gennaio 2015, per il quale è prevista una durata di massimo cinque anni. Infatti, prima di allora, la procedura di accordo era disciplinata meramente da una nota interna dell’autorità fiscale lussemburghese del 1989 e non sono rari casi di accordi ante 2015 aventi durata ultra-quinquennale.
In Lussemburgo, così come in altri Paesi (fra cui l’Italia), la finalità degli accordi preventivi con l’amministrazione finanziaria è per il contribuente quella di ottenere certezza circa il trattamento fiscale applicabile ad una particolare operazione, o insieme di operazioni, in base al diritto tributario vigente. Pertanto, il trattamento fiscale di una determinata operazione non dipende dalla presenza di un accordo preventivo che, al più, dovrebbe limitarsi a confermare il trattamento fiscale sulla base della normativa applicabile, senza tuttavia porsi in contrasto con quest’ultima. Certamente gli accordi preventivi possono costituire nella pratica un valido supporto al contribuente, ad esempio nei casi di normative poco chiare che rendono l’interpretazione da parte del contribuente particolarmente difficile ed incerta.
Sebbene in Lussemburgo non esista un obbligo di interpellare l’amministrazione finanziaria per ottenere certezza circa l’interpretazione della normativa fiscale locale, la richiesta di accordi preventivi è da anni la prassi di mercato, anche in relazione ad operazioni e strutture fiscali meno complesse per le quali non si pongono particolari dubbi interpretativi.
Peraltro, i contribuenti lussemburghesi non sono nuovi al tema della inefficacia degli accordi preventivi, i quali generalmente prevedono una efficacia temporale limitata e la cessazione dei propri effetti qualora si pongano in contrasto con normative lussemburghesi o internazionali sopravvenute.
Ciò premesso, assumendo che il disegno di legge finanziaria sia approvato nella sua formulazione attuale, è possibile ipotizzare che i contribuenti si troveranno a dover valutare, prima della scadenza originariamente concordata con l’amministrazione finanziaria lussemburghese, se, alla luce della normativa vigente, possano ancora fare affidamento sul trattamento fiscale che hanno applicato alle proprie operazioni e strutture sulla base degli accordi preventivi conclusi prima del 1° gennaio 2015, fermo restando che la modifica proposta dovrebbe avere efficacia solo per il futuro e, pertanto, salvare in ogni caso le condotte fiscali adottate sino ad oggi in conformità agli accordi (e allo ius superveniens).
Qualora il trattamento fiscale concordato rischi di porsi in contrasto con la normativa vigente, i contribuenti dovrebbero valutare la possibilità di chiedere all’amministrazione finanziaria lussemburghese un nuovo accordo preventivo (tra l’altro, soggetto allo scambio di informazioni con le amministrazioni finanziarie estere dell’Unione europea).
In conclusione, se è vero che questa modifica dovrebbe comportare il sostenimento di costi di compliance da parte dei contribuenti – quantomeno per la verifica della tenuta delle operazioni in assenza di ruling – è altrettanto vero che la stessa obbliga ad un ripensamento delle strutture in essere, oggi reso ancor più impellente tenuto conto dei recenti sviluppi di fiscalità internazionale (ad esempio Beps, Atad 1 e Atad 2).