No alle presunzioni per il pagamento delle royalties
9 Febbraio 2018
Il Sole 24 Ore 27 Gennaio 2018 di Alessandro Galimberti
Ctp Milano. Rapporti infragruppo
Il pagamento di royalties per lo sfruttamento del marchio non può essere dedotto in via presuntiva dall’amministrazione se non risulta in contabilità, e comunque l’ufficio ha l’onere di provare l’effettiva corresponsione degli importi soggetti a ritenuta.
Una recente decisione della Commissione provinciale di Milano (n° 7134/23/17, depositata il 27 dicembre scorso) può diventare un punto di riferimento per tutte le filiali italiane di multinazionali che distribuiscono merci con marchio della casa madre. La Ctp ha infatti accolto il ricorso di una società milanese contro gli avvisi di accertamento per gli anni 2011-12-13-14 sugli omessi versamenti di ritenute per lo sfruttamento del marchio di proprietà di una società svizzera (importo complessivo di circa 340 mila euro).
Le Entrate avevano in sostanza considerato, nonostante la mancata evidenza in bilancio, che i rapporti tra la branca italiana e la casa madre svizzera fossero la prosecuzione di un accordo in vigore negli anni precedenti le contestazioni, in base al quale era riconosciuta alla società di diritto svizzero una royalty pari al 2,5%. In realtà, come emerso già in sede di contraddittorio e poi nel procedimento, a partire dal 2009 l’entità distributiva “AG” era stata accentrata in Svizzera «assumendo la duplice veste di titolare del trademark rights e di distributore accentrato del gruppo». In sostanza, argomenta la Ctp, non è qui utilizzabile la direttiva Ocse che presume l’incorporazione del compenso (royalty) nel prezzo fatturato solo quando «un’impresa vende a un’altra prodotti non finiti, mettendo a disposizione al tempo stesso la propria esperienza per un’ulteriore lavorazione di questi prodotti». Nel caso in esame, invece, la società italiana si era limitata a vendere prodotti finiti e totalmente “gestiti “oltre frontiera.
I giudici hanno così risolto la questione della (im)possibilità da parte degli uffici finanziari di pretendere le ritenute su royalties non risultanti dalla contabilità, ma accertate in via presuntiva come ricomprese nel prezzo delle merce distribuita in Italia con marchio appartenente alla casa madre estera. La Commissione ha escluso tale possibilità in quanto è “inammissibile” ipotizzare il pagamento di royalties alla casa madre quando la società controllata italiana limita la propria attività alla sola distribuzione e, in capo alla casa madre estera, la funzione di distribuzione coincide con la proprietà del marchio.
«Si tratta – argomenta il legale della ricorrente, Angelo Vozza – di sentenza interessante per tutte le filiali italiane di multinazionali che distribuiscono merci con marchio della casa madre perché, con un esame approfondito, dichiara illegittimo l’accertamento della ritenuta su una royalty presunta in modo del tutto irragionevole».