Per la videosorveglianza non basta l’ok dei dipendenti
12 Gennaio 2020
Il Sole 24 Ore 18 DICEMBRE 2019 di Giuseppe Bulgarini d’Elci
TUTELA PRIVACY
Sempre necessario l’accordo sindacale o l’autorizzazione dell’ispettorato del lavoro
Il consenso dei lavoratori all’installazione di un impianto di videosorveglianza nei locali dell’impresa non vale a sanare la mancata attivazione della procedura prevista dall’articolo 4 della legge 300/1970, la quale impone l’accordo sindacale o, in difetto, l’autorizzazione dell’ispettorato territoriale del lavoro.
L’interesse collettivo sotteso alla disciplina statutaria sull’installazione delle telecamere o di altri strumenti da cui possa derivare il controllo a distanza sull’attività dei lavoratori impedisce di attribuire ai singoli dipendenti, benché il consenso sia stato espresso dalla totalità delle persone che prestano la propria attività in azienda, la facoltà di sanare eventuali irregolarità del datore.
La Cassazione ha raggiunto queste conclusioni (sentenza n. 50919, depositata ieri) per il caso di un datore condannato in sede penale a 1.000 euro di ammenda per avere installato 16 telecamere nella propria struttura aziendale, senza previamente raggiungere un accordo con la rappresentanza sindacale interna e neppure avere ottenuto l’avallo dell’ispettorato.
Il datore si era difeso sostenendo, tra l’altro, che i lavoratori avevano espresso ex post il proprio consenso sulla presenza del sistema di videosorveglianza in azienda, con ciò superando i profili di illiceità penale connessi alla mancata attivazione della procedura di cui all’articolo 4 della legge 300/1970.
La Cassazione non concorda con questa tesi e ritiene, discostandosi da un precedente indirizzo, che l’esistenza di una dichiarazione sottoscritta da tutti i dipendenti in cui sia stato affermato di liberare il datore dagli obblighi del previo accordo sindacale e dell’autorizzazione dell’ispettorato, non abbia portata esimente rispetto alla produzione dell’illecito penale.
Le disposizioni dell’articolo 4 in materia di installazione di impianti da cui possa derivare il controllo a distanza sull’esercizio delle mansioni risponde, per la Cassazione, al superiore interesse collettivo alla tutela della dignità dei lavoratori. Per tale ragione, solo le rappresentanze sindacali dei lavoratori, in quanto espressione dell’interesse collettivo e superindividuale alla tutela dei diritti fondamentali in cui si sviluppa il rapporto di lavoro, sono deputate ad esprimere il consenso rispetto all’installazione dei sistemi di videosorveglianza. Il consenso dei lavoratori che operano nell’impresa non risulta idoneo a sanare l’illecito, ad avviso della Cassazione, anche in considerazione del ruolo di parte debole che connota il lavoratore rispetto alla parte datoriale. «Le diseguaglianze di fatto» e la «indiscutibile» sproporzione nei rapporti di forza economico-sociali a vantaggio del datore impone di ritenere inderogabile il confronto con le rappresentanze sindacali e, in mancanza di accordo, l’autorizzazione dell’ispettorato per la valida installazione dei sistemi di sorveglianza.