Recesso dall’affitto valido solo se scritto
10 Ottobre 2017
Il Sole 24 Ore 29 Settembre 2017 di Saverio Fossati
Locazioni. La Cassazione ribalta l’orientamento di un anno fa e dà torto all’inquilina che se ne era andata
Se il contratto di locazione deve avere la forma scritta, anche il recesso, per essere valido, dovrà necessariamente essere scritto. Una conclusione logica, quella della Terza sezione della Corte di cassazione (ordinanza 22647/2017), che fa seguito però all’interpretazione diametralmente opposta di un anno fa.
La situazione che ha affrontato la Cassazione è abbastanza frequente: un appartamento era stato affittato regolarmente a più inquilini e una di questi, a un certo punto, aveva annunciato verbalmente alla proprietaria che se ne sarebbe andata, promettendo che qualcun altro avrebbe “preso il suo posto”. Detto, fatto, «senza preavviso» e senza alcuno scambio di lettere. Inutile dire che il subentro non era avvenuto e la proprietaria si era trovata così ad avere un canone decurtato della quota prima dovuta da chi aveva traslocato.
La proprietaria aveva quindi fatto ricorso per la restituzione dei canoni perduti ma le Corti di merito (in particolare la Corte d’appello) le avevano dato torto.
La Cassazione, però, ha ribaltato le conclusioni della Corte d’appello, rilevando, anzitutto,«che il contratto di locazione stipulato senza la forma scritta ex art. 1, comma 4, della l. n. 431 del 1998 è affetto da nullità assoluta, rilevabile da entrambe le parti e d’ufficio».
La Cassazione stessa, rileva ancora la Corte, ha più volte affermato che la risoluzione consensuale di un contratto può avvenire anche con una manifestazione tacita di volontà, «salvo che non sia richiesta la forma scirtta ad substantiam », cioè appunto quando non viene considerata una formalità ma un elemento costituivo del contratto, come indicato chiaramente dalla legge 431/98. Nel caso di specie , conclude la Cassazione, va data ragione alla proprietaria e rinviata la sentenza alla Corte d’appello per una nuova pronuncia, che dovrà attenersi al seguente principio: «Il contratto di locazione ad uso abitativo, soggetto all’obbligo di forma scritta ai sensi dell’art. 1, comma 4, della l. n. 431 del 1998, deve essere risolto con comunicazione scritta, non potendo, in questo caso, trovare applicazione il principio di libertà delle forme, che vale solamente per i contratti in forma scritta per volontà delle parti e non per quelli che per i quali la forma scritta sia prescritta dalla legge ad substantiam».
Il principio, chiaramente espresso, chiude la polemica aperta con la precedente sentenza 11808/2016, che era giunta a conclusioni opposte (si veda Il Sole 24 Ore del 28 luglio 2016).