Riserva di utili da potenziare per il debito da dividendi

8 Luglio 2024

Il Sole 24 Ore lunedì 10 giugno 2024 di Sergio Pellegrino e Lucia Recchioni

In base all’articolo 2949 del Codice civile, i diritti che derivano dai rapporti sociali, come ad esempio i dividendi, si prescrivono in cinque anni se la società è iscritta nel Registro delle imprese.

Ci si potrebbe quindi chiedere come deve essere trattata fiscalmente, in capo alla società, la prescrizione del debito da dividendi, e come questa debba trovare rappresentazione nel prospetto del capitale e delle riserve del quadro RS del modello Redditi.

Utili spunti possono essere tratti dalla sentenza Ctr Friuli Venezia Giulia 19/2020, riguardante un avviso di accertamento emesso nei confronti del socio per omessa dichiarazione di dividendi la cui prescrizione era stata rilevata contabilmente dalla società.

I giudici, nel ritenere non applicabile, nel caso in esame, la teoria dell’incasso giuridico, hanno evidenziato che «la prescrizione non fa emergere alcuna sopravvenienza attiva e correttamente la società ha registrato l’estinzione del debito tra le riserve di utili facenti parte del patrimonio netto: ciò sta a significare che solo in caso di distribuzione delle riserve di patrimonio netto, il socio sarà tenuto a versare l’imposta dovuta, diversamente si verificherebbe una doppia imposizione dello stesso reddito, in quanto l’utile già tassato una prima volta, verrebbe tassato una seconda volta quale sopravvenienza attiva».

Dovendo escludere, quindi, la rilevazione di un componente positivo di reddito a fronte della cancellazione del debito (come potrebbe avvenire per la prescrizione dei debiti nei confronti di soggetti diversi dai soci), si ritiene che la contropartita possa essere rappresentata, alla luce della sentenza citata, da una riserva di utili.

Dalla lettura del principio contabile Oic 28 si potrebbe desumere anche la possibilità di iscrizione di una riserva di capitali, nel caso in cui l’operazione, sostanzialmente assimilata a una rinuncia al credito (pur non potendo essere considerata pacificamente tale), mostrasse una volontà di rafforzamento patrimoniale della società. Tale finalità, tuttavia, si ritiene difficilmente dimostrabile nel caso della prescrizione, la quale presuppone il mancato esercizio dei diritti per un determinato lasso di tempo.

Pertanto, si ritiene che, a fronte dell’eliminazione del debito, debba essere incrementata una riserva di utili del patrimonio netto.

Continuando a concentrarsi sulla tassazione delle società, ci si potrebbe infine chiedere se può applicarsi l’articolo 88, comma 4-bis, del Tuir, in forza del quale la rinuncia dei soci ai crediti si considera sopravvenienza attiva per la parte che eccede il relativo valore fiscale. Anche in tal caso si ritiene che la prescrizione non possa essere assimilata a una rinuncia, dovendo tra l’altro aggiungersi che non vi sarebbe alcuna corrispondenza con componenti negativi dedotti (o, comunque, deducibili) in precedenti esercizi.

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