Una sola email dai toni forti può costare il posto al dirigente

4 Marzo 2022

Il Sole 24 Ore lunedì 28 febbraio 2022 di Marcello Floris e Valentina Pomares

La nozione di giustificatezza del recesso è più ampia di quella di giusta causa

Il rapporto di fiducia che lega il dirigente al datore è particolare e accentuato

Basta un solo episodio di intemperanza perchè il licenziamento di un dirigente sia considerato legittimo. Nel caso esaminato dalla Cassazione nell’ordinanza 2246 pubblicata il 26 gennaio scorso, si è trattato di una email in cui il dirigente accusava la proprietà della società datrice di lavoro di aver tradito la propria fiducia e buona fede. Il licenziamento è stato riconosciuto legittimo, a esito dei tre gradi di giudizio. Nel messaggio di posta elettronica che ha causato il recesso, il dirigente licenziato aveva sottolineato così il deteriorarsi del rapporto con la società: «Non so quanto ancora potrò sopportare questo vostro comportamento che giudico inqualificabile».

A fronte di queste esternazioni, il dirigente era stato licenziato per giusta causa. In primo grado la sussistenza della giusta causa era stata esclusa, ma il licenziamento è stato comunque ritenuto giustificato e la pronuncia è stata confermata in appello e in Cassazione. Sono state respinte le domande di risarcimento danni per mobbing e dequalificazione e la domanda di indennità supplementare.

La nozione di giustificatezza applicata dalla Corte non è contenuta nella legge, ma trova origine nella contrattazione collettiva e nella elaborazione giurisprudenziale. Il concetto di giustificatezza non coincide con quello di giusta causa e giustificato motivo oggettivo o soggettivo, ma è molto più ampio ed è applicabile solo al rapporto di lavoro dirigenziale. Fatti o condotte non idonee a integrare la giusta causa o il giustificato motivo possono invece valere a giustificare il licenziamento del dirigente.

In generale, il licenziamento del dirigente, per essere giustificato, deve essere motivato da ragioni non discriminatorie né arbitrarie, ma oggettive e concretamente accertabili o comunque tali da ledere il particolare e accentuato rapporto di fiducia che lega il dirigente al datore di lavoro. Secondo la giurisprudenza della Cassazione alla quale fa riferimento l’ordinanza 2246/2022, «ai fini della “giustificatezza” del licenziamento del dirigente, non è necessaria una analitica verifica di specifiche condizioni, ma è sufficiente una valutazione globale, che escluda l’arbitrarietà del recesso». Assume così rilevanza qualsiasi motivo che sorregga il recesso, con motivazione coerente, fondata su ragioni apprezzabili sul piano del diritto.

Nel caso specifico, la motivazione è stata giudicata idonea a escludere l’arbitrarietà del recesso per effetto della rilevanza del fatto contestato in termini di turbamento del vincolo fiduciario, tanto più intenso quanto più elevato è il ruolo dirigenziale del dipendente. La Corte ha quindi respinto l’assunto difensivo secondo cui un singolo episodio non sarebbe sufficiente a fondare il licenziamento. Parimenti è stato giudicato privo di rilevanza il fatto che il messaggio che ha originato il recesso sia stato una reazione a un preciso accadimento.

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